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Nuove carceri anche in Sicilia? Il progetto Ionta

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IONTAFranco Ionta è divenuto Commissario straordinario per l’emergenza carceri e “potrà procedere in deroga alle ordinarie competenze, velocizzando procedure e semplificando le gare d’appalto”. Non vogliamo sottolineare il fatto che il “braccio operativo con cui gestire l’emergenza carceri sarà la Protezione civile”, perchè i fondati dubbi di illegalità che stanno circolando su questa struttura parlano da sé.
Faremo in seguito le opportune riflessioni sulle deroghe concesse al Commisario e sulla sottrazione del suo operato a qualunque forma di controllo. Vediamo innanzi tutto, per cominciare, il programma di massima presentato dal nuovo Commissario, con particolare riferimento agli interventi previsti in Sicilia.
Sono previsti interventi che dovrebbero consentire un incremento di:

  • 4.907 posti nel biennio 2009-2010
  • 1.935 posti nel 2011-2012
  • ulteriori 10.400 sempre tra il 2009 e il 2011.

I primi 4.907 posti deriverebbero da

  • ristrutturazione di sezioni inutilizzate (1.902 posti con un costo di 66 milioni di euro, nessuna indicazione territoriale)
  • realizzazione di nuovi padiglioni all’interno di strutture esistenti (per la Sicilia è previsto un intervento solo ad Enna; totale nazionale 1.790 posti per un costo di 39 milioni)
  • costruzione di nuovi istituti (1.215 posti per una spesa di 100 milioni di euro, nessuno in Sicilia).

Per il biennio 2011-2012 è prevista

  • ristrutturazione di sezioni inutilizzate (270 posti per 13,2 mln di euro)
  • costruzione di nuovi padiglioni in strutture esistenti (1.150 posti per una spesa di 86 milioni, per la Sicilia individuate Palermo e Agrigento)
  • realizzazione di nuovi penitenziari (515 posti al costo di 90 milioni di euro; nessuno in Sicilia).

Gli “ulteriori interventi” sono invece lasciati nel vago. Incrementerebbero la capienza di 10.400 posti per una spesa di 1 miliardo e 116 milioni di euro. Di questi ultimi interventi manca anche il finanziamento (solo 150 milioni dal Fondo unico per la Giustizia). Gli altri soldi sono tutti da reperire.
Complessivamente, infatti, risultano stanziati solo 500 milioni di euro, previsti dalla Finanziaria, e altri 100 milioni di euro provenienti dal bilancio della Giustizia.
Per reperire l’ulteriore somma necessaria, Ionta propone l’alienazione e la dismissione di immobili, soprattutto se siti nei centri storici, e prende in considerazione la possibilità di vendere parte del patrimonio edilizio penitenziario vincolando l’acquirente ad affittare gli immobili all’Amministrazione penitenziaria per 90 anni. Se ben capiamo, vendere gli edifici per poi prenderli in affitto. Siamo nella migliore tradizione di utilizzo di beni pubblici per speculazioni private!
Si prospetta anche la possibilità di utilizzare i 100 milioni di euro della Cassa delle Ammende. Le finalità di quest’ultima “consistono essenzialmente nel finanziamento degli interventi di assistenza economica in favore delle famiglie dei detenuti e degli internati  per la realizzazione di programmi che tendono a favorire il  loro reinserimento sociale, anche nella fase di esecuzione di misure alternative alla detenzione (Corte dei Conti)”.
Spendere i soldi della Cassa per costruire nuove celle è dunque un paradosso. E, naturalmente, un tradimento. Non a caso il presidente dell’associazione Antigone, impegnata da tempo nella difesa dei diritti dei carcerati, ha definito indecente “spendere il denaro destinato alla risocializzazione dei detenuti per la costruzione di nuove carceri”. Lo stesso Renato Farina su Libero del 23 gennaio 2009 scrive che non bisogna utilizzare per l’edilizia carceraria i soldi della Cassa delle Ammende perchè sarebbe un attingere “dall’obolo della vedova”. L’articolo è ripreso sul sito Innocenti Evasioni.
Apparentemente dettagliato e preciso, il piano Ionta dimostra tutta la sua debolezza se letto con attenzione. I finanziamenti sono assolutamente insufficienti e anche i tempi del Piano risultano difficilmente rispettabili.
Nessun piano può, comunque, essere credibile se non si basa innanzi tutto su un’analisi dell’esistente, di cui si dovrebbe avere una conoscenza circostanziata e completa. E su obiettivi precisi, possibilmente di lungo periodo. Anche se ci sono, non ci risultano.
Non meno importante e necessaria sarebbe la creazione di un rapporto di collaborazione con chi lavora nell’istituzione carceraria e con chi la gestisce nella quotidianità. Ci risulta, invece, che i dirigenti di alcune delle sedi in cui è previsto un intervento di ristrutturazione, o un ampliamento con nuovi padiglioni, non sono stati sentiti nè resi partecipi della natura e della modalità dell’intervento stesso.
In conclusione, questo Piano, molto congruente con quello del Governo (di cui parleremo al più presto), non è detto che lo sia con la realtà concreta della vita carceraria. Ci limiteremo a fare alcuni esempi. Nel piano non sono previsti nè l’adeguamento alle normative di prevenzione e sicurezza, nè gli investimenti necessari per dare attuazione alle norme di regolamento (docce, servizi igienici, etc). Forse al Commissario sfugge che le attuali strutture carcerarie sono spesso fuori legge…
D’altra parte egli è stato nominato Commissario all’emergenza! I problemi di cui stiamo parlando sono invece legati alla gestione ordinaria e alla manutenzione ordinaria. E come se l’emergenza fosse … un’altra cosa e non una situazione determinata proprio dalla assenza di adeguati interventi ordinari.
Per avere informazioni sulle strutture penitenziali siciliane e sugli istituti già costruiti e non utlizzati, leggi Carceri in Sicilia: lo stato dell’arte sul nostro sitoredazione-argo

1 Comments

  1. Sono contraria alle carceri.Credo che bisogna limitare al massimo la carcerazione e cioè la privazione della libertà di una persona.Da questo punto di vista mi sono accorta che anche soggetti giovani non ritengono la libertà personale un bene insopprimibile.Le Università sono purtroppo i focolai di questa nuova forma di laico giustizialismo.Ritengo che molti reati possono essere evitati o prevenuti sol che la collettività in cui il soggetto opera sia posta in condizione di conoscere e di prevenire.

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