Finalmente una graduatoria in cui Catania non è ultima

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mafia 4Era ora! Dopo aver dovuto imboccare tanti bocconi amari per tutte le volte in cui Catania sta sempre in fondo (la qualità della vita, la quantità di differenziata, il gradimento del sindaco, …), dobbiamo finalmente dire grazie ad Eurispes perché nel suo Rapporto Italia 2010, alla scheda  ‘indice di penetrazione mafiosa’ (IPM) la nostra città occupa saldamente il secondo posto, dietro solo alla grande capitale del Sud, Napoli.
Eurispes – Istituto di Studi Politici e Economici e Sociali – è un Ente privato senza fine di lucro che opera in Italia dal 1982 nel campo della ricerca politica, economica e sociale.
Cosa è l‘indice IPM? Si tratta di uno strumento che tenta di analizzare in modo non impressionistico ”il grado di fragilita’ e di permeabilita’ dei territori meridionali” rispetto alle varie forme di associazioni mafiose, evidenziando, per quanto possibile, i loro recenti sviluppi e le dimensioni reali.
A tal fine “e’ stato predisposto un sistema di attribuzione dei punteggi sulla base di alcuni indici che scaturiscono dalla valutazione quantitativa dei reati commessi ed assimilabili alle associazioni mafiose: attentati, stragi, ricettazioni, rapine, estorsioni, usura, sequestri di persona a scopo estorsivo, associazione a delinquere di tipo mafioso, riciclaggio di denaro, contrabbando, produzione e traffico di stupefacenti, sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione, omicidi per motivi di mafia, camorra e ‘ndrangheta.”
Il Rapporto appena pubblicato fa riferimento a dati del 2008 e vede al primo posto Napoli con 65,4 punti, seguita mafia 3appunto da Catania con 52,4 punti, e, a seguire, tutte le altre 22 province della quattro regioni meridionali maggiormente interessate al fenomeno mafioso.
Il dato potrebbe comunque peggiorare, se si tiene conto del fatto che su 20.749 reati ascrivibili alla criminalità organizzata, in Sicilia, regione in cui la presenza mafiosa è particolarmente radicata nel territorio,  sono stati denunciati ‘solo’ 4.979 reati ascrivibili alla criminalità organizzata (in Calabria va ancora peggio, o meglio – a secondo dei punti di vista – risultando appena 2.102 denunce). Si tratta di numeri troppo bassi per poter essere effettivamente descrittivi di tutta la realtà.
Un altro dato particolarmente inquietante è quello relativo alla confisca di beni della criminalità organizzata: si calcola che tra il 1992 e il 2008 sono stati sequestrati e confiscati beni per un valore di oltre 8 miliardi di euro, quasi metà dei quali solo in Sicilia.
Sapendo bene che si tratta di cifre per difetto, dimostrano comunque la straordinaria capacità di queste organizzazioni nel saper individuare e sfruttare tutte le attività in cui è possibile lucrare.
Il Rapporto Eurispes di quest’anno, per fortuna, non parla solo di questo. E’ stato infatti costruito attorno a sei dicotomie che l’Istituto ritiene rappresentativi, anche se non esaustivi, della attualità politica, economica e sociale del nostro Paese: Crescita/Declino • Pubblico/Privato •Inclusione/Esclusione • Rischio/Sicurezza • Tradizione/Tendenza • Spirito/Materia.
Ne viene fuori un quadro dell’Italia che somiglia ad “una sorta di cantiere aperto che non si riesce a chiudere perché nessuno ha le idee chiare su che cosa si deve costruire. […] Un cantiere popolato da una moltitudine di litigiosi aspiranti architetti che non riescono a mettersi d’accordo perché, in definitiva, non hanno nessun vero interesse a che i lavori partano e si concludano. Questi infatti sono i figli e i padroni della transizione infinita interessati, più che alla prospettiva, al mantenimento dello statu quo. Il rischio è che, come nella legge del pendolo, si passi dal pessimismo cupo dei primi mesi del 2009 ad una sconsiderata e superficiale euforia da scampato pericolo.”
Intanto si colgono sempre più evidenti “segnali preoccupanti di disagio, di distacco, quando non di ostilità nei confronti delle Istituzioni che aspiranti capipopolo vorrebbero cavalcare.
Ma, intanto proprio la mancanza di un progetto segna pesantemente il presente, mortifica le attese degli italiani e impedisce di immaginare e costruire il futuro.”

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