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Ferrovie siciliane nemiche dei pendolari

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Troppo caldo, troppo freddo, sporcizia, bagni  fuori uso, affollamento, ritardi: sono queste  le ordinarie situazioni che il pendolare, costretto a usare la ferrovia, si trova quotidianamente ad affrontare in tutto il paese, ma in particolare in Sicilia.
Questa versione aggiornata di un girone dantesco è contenuta nell’ultima versione di Pendolaria’, l’annuale rapporto che pubblica Legambiente sullo stato delle ferrovie italiane.
L’efficienza del trasporto pubblico è uno degli indici di civiltà di un paese oltre che una delle leve fondamentali per diminuire il tasso di inquinamento causato dall’uso eccessivo dei mezzi privati, ma non pare che i nostri responsabili politici, sia nazionali che locali, si diano troppa cura dell’ordinaria amministrazione.
Al di là delle chiacchiere elettoralistiche o del continuo annuncio di opere faraoniche, la realtà registra un costante aumento degli investimenti per il trasporto su gomma mentre appena il 13,7% è andato alle linee ferroviarie.
Il Governo centrale continua a tagliare i trasferimenti alle Regioni per il servizio ferroviario locale, il Governo siciliano risponde scrivendo uno zero tondo sia alla voce ‘stanziamenti per il servizio ferroviario’ che a quella per il materiale rotabile.
A fronte dei 17,7 milioni di euro spesi in Sicilia per strade  nel periodo 2003-2010, corrispondenti al 99% degli investimenti per infrastrutture, per le ferrovie sono stati spesi appena 0,13 milioni.
Eppure, si legge nel rapporto, “in Sicilia, nonostante gli investimenti della Regione vicino allo zero, sono state impegnate risorse FAS per le infrastrutture ferroviarie: in particolare si tratta di 8 milioni per la velocizzazione della linea Palermo-Agrigento e di 8,6 milioni per il restyling delle stazioni di Palermo.
Con la stessa spesa che si prevede per il ponte, Legambiente afferma che si potrebbero realizzare in tutta Italia una serie di infrastrutture ferroviarie nelle aree metropolitane capaci di incidere in profondità sulla qualità del trasporto pubblico: per la Sicilia, ad esempio, con un quinto della spesa, potrebbero essere portate a termine sia la trasformazione della Circumetnea che la realizzazione del passante ferroviario di Palermo.
L’assoluta inadeguatezza del servizio è documentata, ad esempio, dal rapporto fra estensione della rete e numero di utenti: in Sicilia esistono 1.543 km di ferrovie ma solo 53.300 passeggeri al giorno. In Toscana, a fronte di una rete quasi uguale si contano ben 224.000 pendolari e un numero più che doppio di abbonati.
D’altra parte, cosa si può pretendere da una rete che per l’89% dei suoi km è a binario unico e che per quasi la metà non è elettrificata?
Basterebbe acquistare nuovi treni o adattare i vecchi treni “Pendolino” almeno per le linee tra Messina, Catania e Palermo. Con alcuni interventi di adeguamento delle linee per il passaggio di questo tipo di treni, per una spesa complessiva stimata dalla stessa Trenitalia in circa 40 milioni di euro, si potrebbero dimezzare i tempi di percorrenza.
Nel caso della Catania-Palermo si passerebbe addirittura dalle attuali 6 ore a 2 ore e 41 minuti. Ovviamente molto di più si potrebbe fare raddoppiando finalmente le tratte ancora a binario unico tra le città principali.
Nell’area dello Stretto con pochi investimenti coordinati si potrebbe in poco tempo arrivare a un sistema integrato che metta nelle condizioni di potersi muovere in treno e in traghetto tra le città che si affacciano sul mare, in pochissimo tempo.
Sul versante siciliano, ad esempio, una volta arrivati via mare, per i pendolari da Messina con destinazione è Catania esiste un unico Regionale tra le 7 e le 9 del mattino.
L’impressione, però, alla fine è che, tra la latitanza della Regione e il progressivo ridimensionamento operato da Trenitalia, la rete ferroviaria siciliana si stia avviando ad uno smantellamento di fatto.

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