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Formazione professionale in Sicilia, clientelare, pletorica, costosa e inconcludente

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Mario Centorrino

Se non fosse che è già stato usato, alla relazione finale della Commissione parlamentare di indagine sulla formazione professionale in Sicilia, si potrebbe mettere come sottotitolo “Romanzo criminale”. E difatti dà la stessa scarica di adrenalina di un racconto noir.
Come definire diversamente, infatti, un’Amministrazione pubblica che, ancora ieri, arrivava a sborsare fino a 362.896.566,99 di euro (dato del 2008) senza sapere esattamente a chi li stava dando, per fare cosa, con quali finalità previste e con quali risultati effettivamente ottenuti?
Oppure che è disposta a pagare 9.391 euro per ogni corsista, per rilasciargli infine un attestato di qualifica professionale che, nella migliore delle ipotesi, andrà appeso come un inutile trofeo sul muro della stanza?
Sì, perché come ha scritto il Procuratore generale della Corte dei conti dei frequentanti “in media solo uno studente e mezzo per corso ottiene un lavoro spendendo la qualifica conseguita attraverso il corso di formazione.” Significativa anche l’alta percentuale di abbandoni, che sarebbe attestata tra il 27% e il 31%.
Filippo Panarello

Sembra incredibile, ma queste e altre amenissime notizie sono contenute proprio nel testo presentato alla stampa alla fine di gennaio da Filippo Panarello, presidente della Commissione di indagine incaricata dall’Assemblea Regionale Siciliana di far luce sul sistema della formazione professionale, uno dei più truculenti pozzi neri della nostra storia recente, nato dal nefasto incrocio tra politica, burocrazia regionale e clientele a vario titolo assortite.
La Commissione è stata fortemente voluta dall’attuale assessore all’Istruzione e alla formazione professionale M. Centorrino e dal suo dirigente L. Albert, allo scopo di capire, come mai, a fronte degli ingenti stanziamenti, la produttività del sistema della formazione professionale è prossima allo zero.
“Il primo dato che è emerso dai lavori svolti (…) è quello relativo all’ingente numero dei soggetti occupati nel settore, che rappresenta addirittura il 46% del totale nazionale”, a cui si aggiunge la peculiarità anch’essa tutta siciliana della “rilevante quantità di personale con contratto a tempo indeterminato, con danno per l’elasticità del sistema” che, per natura sua, dovrebbe essere particolarmente sensibile alle richieste del mercato del lavoro per adeguare tempestivamente la propria offerta formativa.
Gli anno d’oro sono stati quelli compresi tra il 2000 e il 2008, anni in cui le assunzioni hanno registrato un notevole incremento, soprattutto nei periodi pre-elettorali, e si è soprattutto accresciuta la percentuale di dipendenti con funzioni amministrative.
Il numero degli addetti con contratto a tempo indeterminato ha raggiunto nel 2008 la ragguardevole cifra di 7227 operatori a cui si aggiungono i 1385 addetti agli Sportelli multifunzionali e un numero imprecisato di operatori dell’Obbligo formativo.
Naturalmente il reclutamento del personale è stato totale appannaggio degli enti di formazione, i quali hanno spesso applicato criteri non oggettivi, anche per la mancanza di regole chiare e vincolanti, cosa che “ha consentito continue “incursioni” di settori della burocrazia e della politica sia a livello regionale sia livello periferico.”
Osservava ancora la stessa Corte dei conti, che non si sa con quali criteri e attraverso quali selezioni vengono reclutati i docenti dei corsi a garanzia della loro professionalità.
Per la cronaca, quanto al titolo di studio, si tratta nel 59% circa dei casi di personale con diploma di scuola media superiore e nel 34% dei casi di persone con il diploma di laurea, ma “si rileva all’interno del corpo docente un numero sia pur assai ridotto di personale con il titolo di studio di diploma di scuola media inferiore o addirittura di licenza elementare.”
Questo aspetto è perfettamente simmetrico al fatto che si è utilizzato un sistema di accreditamento degli enti che ha consentito l’ingresso di soggetti privi di strutture adeguate, di esperienza e di professionalità misurabili, oltre che permettere il proliferare incontrollato degli stessi enti che assommano a 230, “spesso controllati da politici o prestanome di politici”, come ha notato M. Bernava, segretario della Cisl Sicilia.
Il quadro che emerge dal lavoro svolto dalla Commissione di indagine mostra dunque con chiarezza che è stato costruito un sistema fondato sulla crescita esponenziale della spesa pubblica, indirizzato a creare posti di lavoro, a prescindere dalle esigenze effettive del mercato del lavoro, dell’utenza e della qualità del servizio erogato.

Un sistema totalmente autoreferenziale, rispetto al quale l’Amministrazione ha sistematicamente omesso ogni verifica e controllo. Si mette in rilievo, in particolare, “l’assoluta mancanza di verifiche sull’esito formativo, non solo riguardo ai successi formativi ed agli abbandoni, che pure segnalano evidenti criticità, ma soprattutto in rapporto agli ingressi nel mercato del lavoro.”
“Non risulta, infatti, che l’Amministrazione effettui specifiche e mirate ricerche per valutare preventivamente le esigenze del mercato del lavoro e la probabilità di inserimento dei giovani …nè risultano elaborati i dati che, a posteriori, a corso concluso, consentano di verificare, a distanza di uno o più anni, il raggiungimento effettivo degli obiettivi previsti”.
La Corte concludeva osservando che “nella situazione attuale, i corsi di formazione giovano più ai soggetti organizzatori che non a chi li frequenta”. E così sia?

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