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Giovani e musica colta, incontro possibile

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E’ finito con una standing ovation, dopo ben quattro bis, il concerto del giovanissimo pianista russo Daniil Trifonov al Bellini di Catania. E poi, fuori dal teatro, tanti giovani catanesi amanti della buona musica ad attenderlo per chiedere l’autografo, come si trattasse di una rock star.
In effetti è un grande virtuoso, dotato di capacità tecniche ben al di sopra della norma, ma il maggior talento unanimemente riconosciuto dalla critica internazionale è soprattutto la capacità “ipnotica“, il potere di catturare e trascinare con sé l’attenzione dell’ascoltatore e di fargli vivere, indipendentemente dalla sua cultura musicale di partenza, un’esperienza di bellezza autentica.
E’ esattamente l’esperienza che, credo, hanno vissuto domenica sera tutti coloro che hanno avuto la possibilità di ascoltarlo.
Eppure non aveva eseguito musiche di facile ascolto. Il programma offerto è stato lo stesso che ha suonato nel suo recital di debutto alla Carnegie Hall di New York lo scorso 5 febbraio e che sta presentando internazionalmente in tour. Un programma importante e “imponente”, una grande sfida per un giovane interprete.
La Sonata n.2 in sol diesis minore è tra i migliori lavori giovanili del geniale musicista russo Alexander Scrjabin; sicuramente tra i più difficili da interpretare: la delicatezza della tessitura e la forma aperta richiedono una maturità poetica non comune.
La sonata in si min. S.178 di Liszt è uno dei capisaldi dell’interpretazione pianistica di tutti i tempi, con il quale tutti i grandi nomi della storia del pianoforte si sono confrontati e con cui immediatamente ci si mette a confronto.
Il ciclo dei 24 Preludi op.28 di Chopin è poi banco di prova per qualsiasi interprete, chiamato ad usare tutta la tavolozza di colori ed a gestire la non immediata unità di un ciclo di frammenti poetici, talvolta della durata di una manciata di secondi, diversissimi l’uno dall’altro per carattere, forma, durata e idea.
Gli applausi prolungati e insistenti -particolarmente entusiastici quelli del numeroso pubblico di giovani- hanno indotto Trifonov a concedere generosamente 4 bis: la trascrizione di Liszt del Lied di Schumann “Widmung”; il primo dei Racconti delle Fate op.26 del russo Nikolai Medtner; la “Gavotta” di Bachnella rilettura di Rachmaninov e infine, veramente elettrizzante, la coloristica ed esplosiva “Danza infernale” da l’Uccello di fuoco di Stravinsky nella trascrizione dell’italiano Guido Agosti (brano che raramente si sente da altri pianisti).
Daniil Trifonov è nato a Nizhny Novgorod (Russia) nel marzo 1991, proprio in questi giorni compie 22 anni. La sua definitiva consacrazione internazionale si compie fra il 2010 e il 2011, con la conquista del terzo posto al celebre Concorso Chopin di Varsavia, il Primo Premio al Concorso Rubinstein di Tel Aviv e il Primo Premio e Grand Prix al Concorso Tchaikovsky di Mosca.
Viene quindi invitato a presentarsi nelle più importanti sale da concerto internazionali, a partire dalla Wigmore Hall di Londra e dalla Carnegie Hall di New York, dove riscuote grandi successi che gli aprono le porte ad una carriera già straordinaria.
In concerto ha già suonato con orchestre tra le maggiori al mondo e la lista continua ad allungarsi, fino a comprendere praticamente tutte le più prestigiose istituzioni musicali.
Eppure pochi sanno che tra le primissime esibizioni di Trifonov fuori dalla Russia, ancora diciassettenne, ci sono alcuni recital siciliani: alla Filarmonica Laudamo di Messina ed agli Amici della Musica di Trapani, Alcamo e Ragusa – tra le realtà musicali siciliane oggi più in difficoltà, ignorate da un’ottusa ‘politica culturale’ che non riconosce alla bellezza il suo valore educativo.
Difficile non pensare, dopo una serata come questa, alla distanza che normalmente percepiamo (o ci vogliono far percepire?) rispetto alla cosiddetta “musica classica” e in generale all’arte più “difficile”, impegnativa e impegnata.
Il giovane Trifonov, ventiduenne sul palcoscenico del Teatro Bellini, e soprattutto i giovani in sala, il loro sincero entusiasmo, l’attesa spontanea dell’artista dopo il concerto per un autografo o un semplice ringraziamento, hanno spazzato via con una naturalezza disarmante ogni possibile dubbio -sollevato con pervicacia dai polemisti della domenica e dai politici di turno- sulla sensatezza, in tempi di vacche magre, di investire denaro pubblico nella cultura.
Uccidere la cultura significa uccidere la possibilità che quell’esperienza si possa ripetere, e si possa allargare raggiungendo sempre più tutti. Un delitto che non ci possiamo permettere.

2 Comments

  1. “mi ha ispirato anche dall’altra parte del globo. Sono modesto nella vita :)” correct non italiano

  2. Mi sarebbe piaciuto discutere con l’autore di questo articolo e manifestargli le mie impressioni sul concerto di cui ha scritto e sulle sue considerazioni. Ma voi amate non firmare gli articoli e a me piace discutere con una persona immaginandola “in carne e ossa”. Dato che non è possibile, non conoscerete, non è una cosa grave, il mio pensiero e le mie osservazioni. Baci Cicci

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