Banco dei pegni, funzione sociale?

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Un micro-prestito al consumo, effettuato in modo democratico e che svolge una funzione sociale? Sembra paradossale ma oggi, come accade da secoli, una concreta possibilità di ottenere piccole somme senza farsi strozzare da interessi schiaccianti è quella offerta dal Banco dei Pegni.
Non è un caso che ogni mattina gente di tutte età e di varia provenienza sociale entri alla spicciolata nell’edificio che ospita il Banco gestito da Unicredit in via Sant’Euplio. erede dello storico ‘Monte dei pegni S. Agata‘. Fuori, proprio sulla soglia, due ragazze distribuiscono manifestini e biglietti da visita di alcuni Compro Oro.
All’interno una sala di attesa, tabelloni elettronici per gestire la fila e diversi sportelli con personale qualificato e specializzato che valuta -con l’aiuto di lenti d’ingrandimento- gli oggetti portati in pegno.
Non è una novità dei nostri giorni che ci siano persone in situazioni border line che si rivolgono al ‘monte di pietà’ per ottenere somme di denaro in particolari casi di difficoltà. La crisi ne ha certamente fatto crescere il numero, ma soprattutto ha allargato la tipologia.
Oggi ricorrono al prestito su pegno anche persone della classe media che hanno bisogno di contanti per affrontare imprevisti, incidenti, malattie, che sono diventate un problema perchè è venuto a mancare il ‘polmone’ economico di riserva.
Il prestito su pegno è l’unica soluzione per ottenere somme di piccola entità che nessuna altra banca fornirebbe, non essendo conveniente mettere in moto la necessaria procedura, molto complessa, per importi così modesti.
Rimarrebbe la possibilità di ricorrere agli usurai, disponibili anche a piccoli prestiti, ma che comunque tendono a strozzare il richiedente con interessi via via crescenti.
In questo senso il Banco dei Pegni svolge una reale funzione sociale, perchè consegna subito il denaro, chiede un interesse controllato e un diritto di custodia, ma conserva il bene a disposizione dell’interessato.
La polizza può essere trimestrale o semestrale, ed è rinnovabile più volte. Nella maggior parte dei casi, il proprietario rientra nel possesso del suo oggetto, solo il 3% dei beni dati in pegno viene venduto all’asta e comunque sempre a nome del proprietario che, defalcati capitale ed interessi, riceve il rimanente del ricavato della vendita.
L’alternativa è quella di vendere subito, come invitano a fare i procacciatori dei Compro Oro, che promettono ai disperati del ‘monte dei pegni’ che metteranno in tasca una somma più alta. E in effetti i soldi che si intascano sono di più ma l’oggetto è perduto e le truffe frequenti.
Chi garantisce infatti la correttezza delle bilance? Chi la professionalità del valutatore? In questo momento in cui la crisi incombe, eventuali scorrettezze (nella valutazione, nella pesata) aumentano ancora di più i profitti, in assenza di controlli.
In linea teorica i Compro Oro dovrebbero sottostare a determinate condizioni. Dovrebbero essere gioiellieri, tenere un registro in cui annotare documenti e codice fiscale del venditore, tenere la merce per una decina di giorni a disposizione di eventuali controlli, per garantirne la tracciabilità ed escludere casi di furto.
Queste condizioni vengono rispettate? Comprare oro è oggi un buon affare, come dimostra il moltiplicarsi delle botteghe e il fatto che anche gioiellieri in crisi si sono convertiti a questa particolare tipologia di commercio.
Gli acquirenti del Compro Oro rivendono poi la merce al Banco del metallo, dove l’oro va in fusione. Solo qualche monile più bello viene sottratto a questo iter e rivenduto come tale.
La differenza con il Banco dei pegni è evidente. Se vendo a un Compro Oro rinuncio all’oggetto e al suo eventuale valore affettivo per intascare una somma più alta, ma mi espongo alle truffe e alle illusioni di aver fatto un affare.
Qualcuno fa male i suoi conti, ad esempio rivende a 25 euro un oggetto acquistato a 30 mila lire (15 euro) e crede di aver avuto un guadagno, trascurando il fatto che il livello generale della vita è aumentato e che l’oro potrebbe avere, in seguito, valutazioni più alte.
Rispetto al passato è cambiata anche la mentalità, la cultura. Ci si disfa dell’oro anche perchè -paradossalmente, proprio mentre lo si vende per ricavarne una somma di denaro- non se ne capisce il valore (“non ho che farmene”).
I monili venduti possono avere anche delle pietre che non vengono valutate dai Compro Oro e quindi si perdono. Anche il Banco dei pegni di Catania non valuta le pietre, tranne i diamanti, più riconoscibili da parte degli esperti. In Sicilia solo a Palermo esiste un laboratorio gemmologico con strumenti adeguati ad una corretta valutazione delle pietre colorate, troppo difficile da fare in modo rigoroso a occhio nudo.
Sebbene per lo più i beni dati in pegno ritornino nelle mani dei proprietari, rimane aperto il problema della piccola percentuale di oggetti che viene messa all’asta. Sulla trasparenza di queste vendite sono stati avanzati dei dubbi, che le aste siano pilotate e che i beni siano bottino di gente scorretta. Si tratta di una leggenda metropolitana? Può darsi. Ecco perchè ci proponiamo di tornare sull’argomento per saperne di più.

6 Comments

  1. Articolo veramente ben fatto, specialmente la sezione degli speculatori “compro oro”, una sola inesattezza quella di Unicredit, non è l’erede storico del” Monte dei pegni S. Agata” che fu gestito dal Banco del Monte S.agata , la cui sede storica si trovava nel palazzo posto accanto alla Camera di Commercio, nella stessa via S. Euplio.La Banca del Monte S.Agata, dopo varie trasformazioni è stata acquisita dal Credito Siciliano, con Capital Creval, e continua ad esercitare il pegno nella sede di Corso Italia, per cui un altra possibilità per chi ha bisogno di contanti, senza dover sbattere nei compro oro.

  2. salve io vorrei sapere se a parte oro e diamante e possibile dare una pelliccia autentica al banco dei pegni…

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