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Italia, neanche i migranti vogliono restarci

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Con l’estate sono tornati i barconi dei migranti, gli sbarchi a Lampedusa, il sovraffollamento dei CIE e il pericolo di rivolte, le immagini dei mass-media con ‘folle’ inquietanti di uomini neri da cui ci sentiamo minacciati.
Solo evitando la reazione emotiva e ascoltando la voce dei numeri ci rendiamo conto che si tratta di una falsa emergenza, creata soprattutto dai titoli allarmistici dei giornali e dei servizi televisivi e dalla sproporzione tra il nostro inadeguato sistema di accoglienza e il numero degli arrivi.
Anche perchè la maggior parte di coloro che sbarcano sulle nostre coste scelgono l’Italia per approdare ma non per restarci, a maggior ragione oggi, con la crisi che incalza e con la possibilità di trovare lavoro che si allontana, non solo per gli italiani ma anche per gli stranieri.
Ecco perchè a Lampedusa nei giorni il 20 e 21 luglio i migranti recentemente sbarcati sono usciti dal CIE e hanno manifestato nelle strade dell’isola con lo slogan ‘No finger prints‘, vale a dire ‘niente impronte digitali’. Un rifiuto dettato non dalla volontà di sfuggire ai controlli della polizia per delinquere, ma dalla volontà di andar via liberamente dall’Italia e presentare la domanda di asilo in altri paesi europei.
Il regolamento europeo Dublino II, recentemente modificato dal Dublino III, impone infatti che la domanda di asilo venga presentata nel primo paese in cui si arriva, dove si procede all’identificazione delle persone attraverso la rilevazione delle impronte digitali.
La maggior parte dei migranti che hanno partecipato alla manifestazione, provenienti dall’Africa sub-sahariana, principalmente dall’Eritrea, non vogliono restare in Italia e intendono presentare domanda di asilo in altri paesi, soprattutto Norvegia, Svezia e Gran Bretagna.
Come possiamo leggere nel Comunicato dell’associazione Askavusa, nata nel 2009 a Lampedusa per “promuovere l’antirazzismo, facendo propri i valori della solidarietà e del rispetto, favorendo il multiculturalismo e contribuendo alla crescita culturale e civile della comunità”, si è trattato di una protesta assolutamente pacifica.
Una protesta che ha incontrato la solidarietà di associazioni e cittadini (in parte provenienti dal pubblico del Lampedusa in Festival), che hanno fornito ai migranti acqua e frutta nel momento in cui, abbandonati i locali del centro di accoglienza, hanno deciso di rimanere a dormire in piazza.
Dopo avere ottenuto rassicurazioni, i migranti sono rientrati al centro. Importanti quotidiani nazionali hanno invece raccontato i fatti stravolgendoli e contribuendo ad alimentare paure e preoccupazioni presso l’opinione pubblica.
Repubblica e Corriere della Sera, in particolare, hanno parlato di “profughi in rivolta”, cortei “carichi di tensione” e, addirittura, è stato letteralmente inventato un arrivo nella spiaggia affollata dai bagnanti.
Certo, non viene riproposto il tema “dell’invasione”, non siamo di fronte all’insopportabile propaganda dell’ex premier che annunciava l’acquisto di una mega-villa nell’Isola, ma siamo comunque in presenza di una spettacolarizzazione del fenomeno che danneggia sia i lampedusani che i migranti.

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