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Quei fantasmi a San Berillo

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Si aspettavano una grande partecipazione, ma non così tanta visto che alla proiezione unica delle 21 è stato necessario far seguire una seconda programmazione, in modo da poter accogliere le centinaia di persone che hanno invaso il cinema King per l’anteprima del film documentario “I fantasmi di San Berillo”.
C’erano anche loro confusi nella folla, le trans ed altri abitanti del quartiere, i protagonisti del documentario, che con le loro testimonianze sono stati fondamentali per la ricostruzione dell’atmosfera.
Vista la domanda si sta già pensando all’inserimento del film fra le proiezioni settimanali; e se così dovesse essere è facile prevedere che l’afflusso di spettatori continuerà, perché questo film racconta un pezzo di storia, sociale, politica e urbanistica, di Catania: il cosiddetto risanamento del quartiere di San Berillo, a distanza di oltre cinquant’anni dall’inizio dei lavori non ancora ultimato.
Sin dall’Ottocento San Berillo è stato uno dei quartieri più attivi e popolati di Catania, ma le condizioni di vita dei suoi 30000 abitanti, ammassati in quelle casupole coi tetti ammonticchiati gli uni sugli altri, erano una vergogna per una città che aspirava a diventare metropoli. Oppure, più semplicemente, potenti e potentati di allora, come l’Istica, Istituto immobiliare di Catania, intravidero, e a ragione, un buon affare.

La demolizione del quartiere, iniziata nel 1957, era in realtà già prevista da tempo, e fu (casualmente) realizzata in coincidenza con l’emanazione della legge Merlin del ’58, che portò all’abolizione della case chiuse di tutta Italia. San Berillo era infatti, un quartiere ‘normale’, come altri, forse più verace degli altri.
Sulle sue strade si affacciavano i palazzi dei più abbienti e le casupole degli artigiani, una fabbrica di mattonelle di cemento rinomata almeno nella Sicilia orientale, le case degli impiegati e dei commercianti e, certo, anche l’abitazione di qualche prostituta. “Uno dei quartieri a luci rosse più importanti del Mediterraneo” lo diventò dopo, con lo sventramento e con la  ‘deportazione’ dei suoi abitanti.
Loro, gli abitanti del quartiere vennero infatti trasferiti in periferia, in un quartiere che si chiama San Leone ma che venne nostalgicamente chiamato San Berillo nuovo e persero così le loro radici e la loro identità. Questo trasferimento, inoltre, non portò i benefici tanto declamati dalla propaganda dell’epoca; al contrario provocò un’ulteriore emarginazione sia per coloro che rimasero che per coloro che se ne andarono, trasformandoli in fantasmi.
Sotto molti aspetti il capitolo San Berillo non è ancora chiuso: la parte del quartiere rimasta in piedi aspetta ancora un risanamento, di un’altra parte per la quale erano previsti verde, centri sociali, biblioteche restano invece delle voragini, divenute baraccopoli. L’affare era stato fatto e non si vedeva più la necessità di dotare l’area di infrastrutture e servizi, peraltro previsti dal piano regolatore.
Ma torniamo al docufilm che forse trascura questo aspetto. Il regista ha voluto soffermarsi sui ritratti, le storie, le immagini di oggi e di ieri (bellissimi i documentari d’epoca), la nostalgia evocata anche dalle parole degli scrittori, creando atmosfere e, attraverso quelle, emozioni. Lo stesso effetto creato dalle quattro foto di Natale Di Fino esposte nell’atrio del cinema.
Tra tutto il materiale d’archivio letterario e cinematografico esistente è stato necessario fare una cernita: estratti di romanzi di scrittori siciliani, e non, fanno da cornice al documentario. Ci sono Vitaliano Brancati e Goliarda Sapienza, che nei suoi romanzi ha dipinto l’anima del quartiere, e c’è Italo Calvino con le sue Città invisibili. A questo sottotesto letterario che accompagna le immagini ha dato voce Donatella Finocchiaro.
Il racconto sembra quasi mitologico, non è lineare e procede come il flusso della memoria: una memoria schizoide in cui si alternano immagini e filmati d’epoca e registrazioni di oggi (o meglio di ieri, visto che il percorso del film è cominciato nel 2009) realizzate dal regista Edoardo Morabito, con Irma Vecchio alla direzione della fotografia.
Ma non siamo solo noi catanesi i destinatari di quest’opera premiata al Torino film festival: l’obiettivo degli autori è infatti quello di presentare il documentario fuori Catania, perché quello che è successo a San Berillo non è un caso isolato, bensì lo specchio di quello che è successo in altre città europee.
E forse non è esatto neanche definire quest’opera un documentario, almeno non nella comune accezione del termine. Siamo abituati infatti ai documentari in cui un narratore spiega quello che accade, ma “I fantasmi di San Berillo” utilizza un linguaggio diverso: è un coro di voci, voci nostalgiche per lo più, e ognuna racconta un aspetto del quartiere dandogli forma e colore.
E se vengono ignorati i cambiamenti più recenti, dalla presenza di una comunità senegalese all’impegno dei giovani che hanno provato a descrivere il quartiere con delle creative ‘mappe di comunità’, è pur vero che ci è stato ridato un pezzo della nostra memoria collettiva, una memoria storica che adesso ci fa guardare a quel che resta di San Berillo non più come il simbolo del degrado della nostra città ma come una parte della storia di essa.

4 Comments

  1. Sono il figlio di due abitanti a cui furono espropriate due case nel quartiere di san Berillo ( dove oggi vi sono I parcheggi tra via Ventimiglia e corso Sicilia). Ovviamente non ero ancora nato ma ricordo perfettamente I racconti di mia nonna e di mia madre. Erono palazzi “gemelli” di quelli che tuttora ammiriamo in via Umberto, col piano nobile e I tetti stuccati e affrescati, acquistati col sudore di una intera generazione. Sapete cosa diedero in cambio? Un appartamento dietro corso Indipendenza pressi palazzetto dello sport , sito in mezzo alla sciara e senza alcun servizio, con l’obbligo di abitarvi ( non lo si poteva affittare). Valore attuale ; 50- 60.000 euro, contro gli almeno 300000 del precedente, poi demolito. Fu la piu’ grande deportazione legalizzata della storia moderna. Ovviamente hanno creato una generazione di emarginati inconsapevoli e arricchito tutti I politici dell’epoca che hanno partecipato al “sacco” di san Berillo. .. I figli o i nipoti li vedete magari in Ferrari al bar Europa…

  2. Ma chi ha votato, e continua a votare, i medesimi sciacalli e/o i loro figli e discendenti, ed il medesimo partito ladrone? Si informano i cittadini, e cercano di capire quello che succede? Chi ha votato il partito di Berlusconi per la seconda volta, dopo il disastro causato da Scapagnini, per farglielo completare?
    La risposta che ricevo e’ la stantia: anziche’ capire che, cambiando partito e candidati,e partecipando piu’ attivamente a quanto succede anche se apparentemente non ci riguarda direttamente, diamo gia’ il segnale che abbiamo capito. Soltanto cosi’possiamo sperare che, se il nuovo eletto e’ un pure disonesto, forse stara’ attento a derubarci meno di quello precedente.
    Ed ancora: come mai non abbiamo dato il segnale di volere parlamentari con le mani quantomeno piu’ pulite e libere di quelle che ci hanno governato? Io sono contenta del risultato del Movimento 5Stelle anche se non avrei mai votato due dei candidati di Catania che sono stati eletti, perche’ quel voto ha dato un segnale, e sta facendo qualcosa. Ma vi sono stati un partito, l’unico in verita’ che si e’ opposto a quanto stava succedendo, prima e durante il governo Monti, ed un magistrato che ha fatto il proprio dovere fino in fondo dicendo anche al Presidente della Repubblica di ottemperare alle leggi dello Stato, (un magistrato con un sicuro invidiabile stipendio ed una posizione di prestigio che consapevolmente ha scelto la via della coerenza e le inevitabili conseguenze; che ha anche proposto il disegno di legge di verificare la provenienza delle ricchezze multibilionarie, cioe’ di valore vicino a quelle di Berlusconi, non del comune riccone )che sono stati esclusi dalla lista di una sinistra lecchina del potere e vergognosamente vicina al partito avversario. Ebbene, gli italiani, ed ancor piu’ i siciliani non hanno votato detto magistrato almeno al 50%, e per la legge porcello, votata anche dalla sinistra, non e’ entrato in Parlamento. L’ex magistrato ha pero’ fondato un movimento al quale si puo’ partecipare per capire di piu’ e per essere noi parte attiva del ritorno alla legalita’ ed alla vera democrazia per “tutti”. Esiste anche uno statuto.
    La verita’ e’ che troppe persone si vendono anche per piccoli favori o si lamentano senza agire coerentemente. La politica e’ invece partecipazione, nel senso che i cittadini devono sapere quanto i politici in carica fanno e segnalare subito quello che non va, possibilmente con le soluzioni alternative. Anche ora, col sindaco Bianco, bisogna andare in questa direzione, perche’ chi non parla non puo’ essere ascoltato nemmeno dal politico piu’ onesto, se ve ne sono.Io gli ho gia’ inviato due segnalazini, e presto gliene inviero’ una terza. Mi dispiace sinceramente per chi ha subito il “sacco” di S. Berillo che, purtroppo, non e’ il solo, ma uno dei tanti crimini subiti dai catanesi.

  3. C’è un risveglio di interesse verso il quartiere simbolo di questa
    città: San Berillo.
    Perchè quartiere simbolo?
    Per via della ferita inferta quasi 60 anni fa alla città intera che
    non si accorse allora e pare non accorgersi neanche adesso di cosa
    abbia significato la vicenda.
    Anzitutto la vittoria dei potenti sui deboli, la speculazione edilizia
    sul vero risanamento, il superamento del diritto di cittadinanza in
    nome di un progresso fatto di immagini oniriche, importate nel più
    evidente provincialismo che ha caratterizzato e caratterizza la nostra
    città che cerca sempre di essere una x del sud; o somigliante ad una
    città di Francia o Spagna o Scandinavia e mai quello che dovrebbe
    essere: una città se stessa con la propria storia, la propria
    architettura, la propria urbanistica.
    Sognando Oslo o Goteborg si cancellano gli splendidi edifici liberty
    (anche in periferia) ed in spazi proporzionati magistralmente come in
    nessun altro posto del mondo, si inseriscono a forza architetture
    aliene e prive di alcun legame con la nostra pregiata e pregevole
    storia.
    Ma torniamo indietro, alla cosiddetta “ferita” di San Berillo: in
    molti ne propongono la ricucitura e si prodigano in fior fiori di
    progetti in cemento come se unire i lembi di territorio non edificati
    con quelli edificati sia “la cucitura”. Tutt’altro; la “ferita” è
    metafisica ed insanabile e sarà sempre insanabile almeno fino a quando
    in questa città non si riuscirà a capire che le persone esistono nei
    luoghi e ne costituiscono l’anima, realizzano cellule sociali capaci
    di replicare e creare coesione sociale; non esiste alcun cemento per
    fare questo e San Berillo distrusse allora forse 15.000 o forse 30.000
    entità umane per deportarle verso un “nulla” fatto di canoni alieni e
    senza alcun elemento che potesse costituire ricordo o tradizione. La
    ferita sanguinerà sempre fino a quando in questa città i temi del
    rispetto ambientale saranno subordinati all’interesse edificatorio e
    fino a quando le scelte che coinvolgono la vita dei cittadini verranno
    operate sempre come nel 1956 dall’alto verso il basso e fino a quando
    il signor Scandura (un nome come un altro) sarà considerato
    irrilevante da un Cav. da un Dott. da un Sen. etc e la sua vita sarà
    considerata assolutamente priva di ogni importanza rispetto a quella
    di chi, muovendo le leve del potere politico potrà arricchirsi
    giustificando ogni illecita operazione immobiliare.
    Partecipazione alla progettazione della città è il solo modo per
    sanare la “ferita” che non è l’unica (esiste S. Cristoforo, l’Antico
    Corso, etc); e le aree inedificate in corso dei Martiri? farne un
    grande unico parco urbano (quello con gli alberi veri piantati in
    terra e non dentro i box di cemento), ed al centro un’unica stele a
    ricordo:
    QUI’ FU COMMESSO IL PIU’ GRAVE ERRORE URBANISTICO DEL SECOLO SCORSO;
    DA QUI’ E’ INIZIATA LA DISGREGAZIONE SOCIALE DI UNA CITTA’ INTERA AD
    OPERA DELLA AMMINISTRAZIONE COMUNALE; DA QUI’ NACQUERO IMMENSE
    RICCHEZZE DESTINATE A POCHI E DI CUI NULLA E’ RIMASTO!
    Come chiamarlo: Parco della rimenbranza e forse Catania potrà
    cominciare davvero a risorgere

  4. lodevole e di gran pregio l’intervento dei due lettori che mi precedono e che hanno espresso con efficacia la rabbia e l’indignazione per la deliberata rovina di un intero quartiere. Mi fa ancora più rabbia pensare che la maggior parte dei catanesi dorme sonni tranquilli e che non organizza forme di protesta per indurre i malfattori che ci governano a bloccare le iniziative speculative sull’area del San Berillo.Credo sia utile in un momento come l’attuale chiamare a raccolta architetti e ingegneri che possono dare un aiuto tecnico nella lotta da condurre contro i noti malfattori. Nell’immediato segnalo l’interesse del Comune di Catania ad approvare il regolamento edilizio pur in difetto di un nuovo piano regolatore. L’iniziativa è pericolosa perchè intendono aumentare la cubatura nelle zone degradate della città. Bisogna quindi chiamare a raccolta gli specialisti per bloccare sul nascere una iniziativa tanto pericolosa.

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