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Love me to live, parole nuove per raccontare l’amore

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Non amarmi da morire, AMAMI Love me to live, premiazioneDA VIVERE”. Le frasi si formano sugli schiocchi di WhatsApp, una dopo l’altra, e il dialogo si snoda sull’Iphone, fino a quest’ultimo perentorio imperativo di condanna alla violenza sulle donne.
Con il corto ”Love me to live”, ultimo lavoro cinematografico dell’IIS ‘Vaccarini’  contro il femminicidio, gli alunni dell’Istituto hanno vinto il premio  nazionale “Immagini amiche” per la sezione scuole. E lo meritavano.
Il filmato, trascinante ed emozionante,  è  perfetto e maturo sia dal punto di vista tecnico, sia dei contenuti .
Love me to live, premiazioneIl riconoscimento, promosso dall’Unione Donne italiane (UDI), con il patrocinio del MIUR  e del Parlamento europeo,  è dedicato a pubblicità, programmi televisivi, a siti web, scuole e Comuni  che non utilizzano stereotipi di genere e che hanno l’obiettivo di valorizzare la comunicazione che veicola messaggi positivi, promuovendo una creatività innovativa in grado di proiettare immagini “amiche” delle donne.
“Nell’ultimo anno – denuncia  subito il piccolo film con una scritta bianca su fondo nero – 128 donne sono state uccise da mariti/fidanzati/amanti uomini gelosi e possessivi che dicevano di amarle da morire”….
“Amami per vivere” parla della ricerca di parole nuove per raccontare l’amore, attraverso la storia di due ragazzi come tanti ce ne sono. Lei si chiama Stella Bernardini (un nome simbolo, fulgido di luce e di speranza, per un personaggio che i ragazzi hanno reso quasi vero creando un apposito profilo su Facebook).
Lui, Mario Samperi, è geloso, possessivo e la vorrebbe solo per sé. Il dialogo tra i due si svolge solo attraverso lo schermo dei cellulari, con un finale a cui noi abbiamo attribuito un valore positivo, quasi la promessa di un cambiamento.
Al film hanno collaborato anche due alunni del liceo Principe Umberto, Stefano Zappalà e Costanza Franzì. A quest’ultima si deve l’idea di partenza, il soggetto, su cui successivamente il gruppo ha lavorato scrivendo la sceneggiatura vera e propria.
A questa, oltre ai due studenti del Principe Umberto hanno collaborato anche Nino Leonardi, Mirko Pagana, Danilo Patanè, Stefano Samperi, Rossella Spina, Nadia Villari, Giulia Vittorio del Vaccarini.
Tutti firmano la regia, in cui sono stati guidati con una sapiente supervisione, da un ex alunno, Francesco Di Mauro, futuro regista e allievo del noto Centro Sperimentale di cinematografia di Roma.
“Love me to live” è solo l’ultima voce dei Love me to live, premiazioneragazzi del Vaccarini contro stereotipi della cultura di genere. “Il prestigioso riconoscimento premia infatti la forza comunicativa del video ma soprattutto un percorso di studio e di formazione avviato da anni “, afferma Costanza .
“Il premio  ‘Immagini amiche’ –dice Pina Arena, docente responsabile del progetto – ci incoraggia a continuare sulla strada che percorriamo da tempo: sviluppare un modello di scuola che educhi  ragazze e ragazzi al rispetto e alla cura di se’, al  valore della differenza, alla  cittadinanza simmetrica, sviluppi mente critica contro i linguaggi  e gli stereotipi della sottocultura sessista, ripensi e rilegga la storia ed i  saperi  in un’ottica di genere” .
Al ‘Vaccarini’ sono state sperimentate strade diverse,  percorse non solo dalle e dagli studenti dell’Istituto ma anche da donne adulte del Territorio che si sono rivolte alla scuola per riprendere percorsi di studio e formazione interrotti; così la scuola si è aperta al Territorio, alla collaborazione con altre scuole, con Enti ed Associazioni, UDI e Thamaia innanzitutto: sono stati  realizzati percorsi di imprenditoria verde al femminile,  corsi di scrittura in ottica di genere; laboratori cinematografici che hanno prodotto spot come  “Stop al femminicidio”.
“La scuola si è occupata inoltre – dice Pina Arena – di Toponomastica femminile facendo riemergere storie di donne di grande valore dimenticate e portando ad intitolazioni di strade cittadine. Non si tratta di progetti isolati ma di una visione organica e nuova dei sistemi di educazione e formazione che parte dalla consapevolezza  che la prospettiva maschile  ha disegnato  la Storia, il suo racconto, la sua elaborazione, i saperi, escludendo o limitando la prospettiva e la voce femminili”.
“A dirla in breve- osserva Nadia, che frequenta l’ultimo anno del Liceo e da cinque anni partecipa ai percorsi di studio della differenza – le donne non hanno avuto parola, sono state relegate nel silenzio dei luoghi domestici, escluse dal potere, dalla gestione del bene pubblico. Silenziose, sono state disegnate e raccontate dagli uomini“.
“I nostri percorsi –aggiunge Rossella,  solo 18 anni e già veterana  di battaglie di educazione alle pari opportunità-  denunciano il proliferare  di immagini sessiste e le riconducono al silenzio delle  donne, all’abuso della sottocultura sessista”.
“Da lì si parte per destrutturare -prosegue Costanza- rileggere, al fine di far indossare ai e alle studenti ‘occhiali di genere’ per una nuova lettura di sé e una diversa  prospettiva della storia”.
I percorsi non sono semplici, anzi complessi e delicatissimi – osserva ancora la docente- poiché coinvolgono se stessi\e, le identità individuali, la cultura collettiva. Così, bisogna mettere in gioco i fondamenti della nostra percezione delle cose e del mondo, a partire dalla lingua neutra che non riconosce la presenza ed il contributo delle donne alla costruzione del mondo, che assimila al maschile il femminile, annullandolo.  Da lì si parte e la strada è ancora lunga da percorrere”.
Il video in ricordo di Stefania Noce, femminista e vittima di femminicidio, sarà proiettato prossimamente a Licodia Eubea, paese della giovane studente.
Guarda il cortometraggio

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