Storia a lieto fine di un piccolo migrante senza la mamma

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migranti, minori non accompagnatiArrivano da soli, ma non sempre per scelta. I minori non accompagnati che sbarcano sulle nostre coste vengono a volte mandati in Europa dalle famiglie che vogliono salvarli da un terribile destino. Altre volte, invece, partono con almeno con uno dei genitori, ma lo perdono ‘per strada’ e non solo perchè muore o viene ucciso durante il viaggio, ma anche perchè accade che venga fermato e rinchiuso nelle carceri libiche.
Raccontiamo oggi la storia emblematica ma per fortuna, una volta tanto, a lieto fine, di un piccolo migrante di sette anni, proveniente dall’Africa sub-sahariana, arrivato in Sicilia senza la mamma, imprigionata in Libia perchè, perduto il velo nel difficile trasferimento dal paese natio, viaggiava ormaiimmigrazione, deserto a capo scoperto.
Accolto dalla Cooperativa Prospettiva di Catania, ha cominciato un percorso di integrazione senza riuscire a superare la tristezza del doloroso e forzato distacco.
Attraverso i volontari di ‘Save the children‘, che hanno ottenuto con difficoltà e dopo molti tentavi di entrare nel carcere, il bambino è riuscito infine a parlare via Skype con la mamma e si è riaccesa in lui la speranza.
Drammatica la testimonianza di questa donna che ha denunciato a ‘Save the children’ le continue violenze a cui è sottoposta. “Tiratemi fuori da qui” ha detto tra l’altro, “mi violentano più persone ogni giorno”. Una situazione terribile, e purtroppo generalizzata.
Come sostiene Amnesty International, la Libia è oggi un paese nel quale “lo stato di diritto è assente, i cittadini stranieri languono in carcere alla mercé delle milizie che dirigono i centri di detenzione, sottoposti a maltrattamenti, sfruttamento e a lavoro forzato, un accordo sul contrasto dell’immigrazione illegale comporta rischi di gravi violazioni dei diritti umani” anche perchè la Libia non ha sottoscritto la Convenzione di Ginevra del 1951 sullo status di rifugiati.
Restava, inoltre, il problema di fare eventualmente entrare legalmente questa donna in Italia.
L’unico spiraglio offerto dalla legislazione italiana è un articolo della legge Turco-Napolitano, sopravvissuto alle modifiche peggiorative della Bossi-Fini e dei due ‘pacchetti sicurezza’ di berlusconiana memoria.
Il comma 3 dell’articolo 31 (legge 286/1998) prevede infatti che il Tribunale per i minori possa autorizzare, per “gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell’età” di un bambino straniero che si trova sul territorio italiano, l’ingresso del genitore nel nostro paese o la sua permanenza, anche nel caso di presenza irregolare e di decreto di espulsione.

Utilizzando questa norma il Tribunale per i minori di Catania ha emesso un provvedimento per l’ingresso della donna in Italia, senza che fosse possibile renderlo esecutivo a causa della sua detenzione nelle carceri libiche.
L’epilogo positivo di questa storia drammatica è venuto paradossalmente dall’assalto e dalla invasione del carcere ad opera di un gruppo di ribelli. Allontanatasi insieme ad altri, la donna si è rifugiata presso l’ambasciata italiana, ancora presente nel paese africano.
E’ stato, a questo punto, possibile applicare il provvedimento del Tribunale di
Catania e trasferire la donna a Pisa con un elicottero militare. A prenderla sono andati in treno gli educatori della Cooperativa Prospettiva, insieme al bambino ancora incredulo che ha potuto così riabbracciare la mamma.

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