Diversamente amabili, quando il volontariato vuole capire

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“Come hai fatto a sapere tutte queste cose della mia vita?” Uno dei protagonisti delle tante storie “fragili” raccontate nel libro ‘Diversamente amabili’ (Nunziatella Cavalieri, Europa edizioni) esprimeva così, all’autrice, la sorpresa per essere stato ‘scoperto’ e, nel contempo, il piacere di sentirsi protagonista, di essere personaggio di una storia che vale la pena fare conoscere.
Mercoledì 24 giugno alla LILA (Lega Italiana per la Lotta all’AIDS) di Catania, Luciano Nigro (presidente dell’Associazione) e Melania Paladino (docente del Liceo Boggio Lera) hanno provato a confrontarsi su queste storie.
Storie di persone, italiane e straniere, ‘marginali’, che vivono nella nostra città e che la Cavalieri ha incontrato facendo attività di volontariato (Caritas e suore di Calcutta).
Ed è proprio nel corso di questo impegno, come lei stessa ha detto intervenendo nella discussione, che ha scelto di scrivere una sorta di diario di bordo, un ‘brogliaccio’. Per non dimenticare, per evitare che i tanti volti incontrati cadessero inevitabilmente nel dimenticatoio.
In apertura, Nigro ha motivato l’interesse della LILA per il libro. Interesse legato, innanzitutto, alla scelta dell’autrice di rinunciare ai pregiudizi, e chi si occupa di AIDS sa bene quanto danno abbiano prodotto nella vita delle persone e, più in generale, nella società ipocrisia e stigmi.
Ma anche alla denuncia della scarsa attenzione verso i più deboli, che si traduce, spesso, nella pretesa che questi ultimi debbano essere grati per quello che ricevono, grazie alla liberalità di chi ha di più.
Secondo Melania Paladino, non solo non si può raccontare il libro con distacco, ma ogni personaggio è, a sua volta, al centro di una rete di relazioni che ci permette di penetrare meglio una realtà troppo spesso banalmente semplificata.
Una realtà nella quale anche un dono di scarso valore (un lume, un pacchetto di fazzoletti di carta) può legare fra loro personaggi apparentemente lontani. Lontani anche dal punto di vista linguistico, che l’autrice, senza mai cadere nei luoghi comuni, nella facile “macchietta”, rispetta, riportando frasi, modi di dire, espressioni che rispondono alla specificità e al vissuto dei vari protagonisti.
Raccontati senza indulgere nella retorica, come esseri umani, con pregi e difetti. Le difficoltà non fanno diventare eroi e, a maggior ragione, non ti segnano per sempre in negativo.
L’autrice, però, come hanno sottolineato entrambi i presentatori, non è semplice voce narrante e non rinuncia al proprio spazio. Lo fa scegliendo, all’inizio di ogni storia, una frase (pronunciata da esponenti sia religiosi che laici) che aiuta a capire, a riflettere.
Citazioni che riguardano il senso dell’esistenza, la necessità del dialogo, l’importanza di “non giudicare”. Ne ricordiamo, in particolare due.
La prima (la fonte è il Deuteronomio) sottolinea il diritto a ricevere una giusta mercede per il lavoro svolto. Esattamente all’opposto di quanto succede nella stragrande maggioranza dei casi, in cui si assiste ad uno sfruttamento feroce che nega la dignità dei lavoratori. Il che, secondo la Paladino, ci fa vedere con sguardo particolarmente critico tutti quei datori di lavoro che sfruttano sino all’inverosimile, la fragilità altrui.
La seconda (Dom Helder Camara, arcivescovo brasiliano), invita a non chiudere gli occhi, a interrogarsi (una volta si sarebbe detto sul contesto) grazie a una domanda diretta e semplice “Perché se dò il pane ai poveri, tutti mi chiamano santo, ma se dimostro perché i poveri non hanno pane, mi chiamano comunista e sovversivo”?
Durante la serata, Ludovica Calabrese, allieva del Teatro Stabile di Catania, ha letto due delle storie presenti nel libro, protagoniste una donna siciliana e una donna moldava. Ad accomunarle la necessità di trovare risposte non solo rispetto alle difficoltà materiali, ma, anche, l’esigenza di “essere viste”.
Perché, come ha concluso Nunziatella Cavalieri, “noi vediamo poco gli altri, dovremmo sapere di più”.

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