La chiamata diretta e il docente precario di ruolo

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La ‘chiamata diretta‘ dei professori è stata bocciata, a Catania, dai collegi docenti di Alberghiero, Boggio Lera, Cutelli, Lombardo Radice, Principe Umberto.
In altre scuole cittadine, secondarie di II grado, questo argomento non è stato proposto all’ordine del giorno dell’assemblea.
In altre ancora (Spedalieri, Gemmellaro) i collegi hanno ribadito che l’unico criterio di assunzione dovrebbe essere quello che rispetta le graduatorie.
Stiamo parlando del comma 80 della legge 107/15 che riguarda la proposta di incarico triennale per i docenti assunti a tempo indeterminato.
Proviamo a ricapitolare per i non addetti ai lavori.
Prima della legge 107/15 (la cosiddetta Buona Scuola) ogni docente di ruolo era ‘titolare’ all’interno di una specifica istituzione scolastica. Ora non è più così. Molti insegnanti, pur essendo assunti a tempo indeterminato, sono, infatti, collocati all’interno del cosiddetto ambito territoriale (del quale fanno parte più scuole, spesso allocate in città diverse della stessa provincia).
Questi docenti sono in attesa di un incarico triennale, che verrà loro conferito dai Dirigenti Scolastici (una volta, presidi) coerentemente con il piano dell’offerta formativa della singola scuola.
In sostanza, accanto ai docenti ‘vecchio tipo’, in ogni scuola sono presenti docenti che hanno gli stessi titoli dei primi, ma non lavorano nelle stesse condizioni, poiché il loro incarico in quella scuola è a tempo determinato ed è subordinato alla valutazione del Dirigente.
E si tratta di un contingente destinato ad aumentare man mano che i ‘vecchi insegnanti’ (Fornero permettendo) andranno in pensione.
I nuovi, infatti, lavoreranno tutti in questa condizione di ‘precari di ruolo‘.
Certo, la 107 (comma 80) dà alcune indicazioni che i presidi devono seguire per operare la selezione “Il dirigente scolastico formula  la  proposta  di  incarico  in coerenza con il piano triennale dell’offerta formativa. L’incarico ha durata triennale ed è rinnovato purché in  coerenza  con  il  piano dell’offerta formativa.
“Sono valorizzati il curriculum, le esperienze e le competenze professionali e possono essere  svolti  colloqui.  La trasparenza e la pubblicità dei criteri  adottati,  degli  incarichi conferiti e dei curricula dei docenti sono assicurate  attraverso  la pubblicazione nel sito internet dell’istituzione scolastica”.
Le cronache narrano, anche, di qualche dirigente ‘buontempone’ che, per meglio svolgere i colloqui selettivi, ha chiesto ai docenti di inviare (elogio della modernità) un video di presentazione ‘a figura intera’.
Rimane la sostanza del problema: un docente la cui permanenza in quella determinata istituzione scolastica è subordinata al giudizio positivo del dirigente e che corre il rischio, in caso di parere negativo, di essere trasferito in una scuola distante anche decine di chilometri, quanto sarà disponibile a difendere le proprie idee e la propria libertà di insegnamento opponendosi a quelle decisioni dello stesso dirigente che non condivide?
Sul possibile continuo turn over di insegnanti, sorge una domanda retorica, siamo sicuri che contribuirà a migliorare la qualità della proposta educativa?
Quest’anno, però, gli insegnanti si sono trovati di fronte a una novità: il collegio docenti avrebbe dovuto indicare i criteri che il dirigente avrebbe poi utilizzato per operare la selezione.
Ed è a questo che, in tutta Italia, si sono opposti molti collegi.
In primo luogo perché tali criteri dovevano essere individuati fra 18 decisi dal Ministero e non c’era, quindi, una vera libertà di scelta. Fra i criteri indicati non era, inoltre, previsto che la chiamata potesse avvenire secondo graduatoria.
All’interno di molti collegi è prevalsa l’idea che, partecipando alla votazione, si sarebbe – di fatto – legittimata la pratica della chiamata diretta.
In sostanza gli insegnanti hanno ancora una volta ribadito di non gradire la 107 e di ritenere che la scuola non possa essere gestita con i criteri di un qualsiasi team sportivo, dove presidente e allenatore scelgono chi acquistare e chi vendere.
La scuola della Costituzione, quella che ha fatto crescere il Paese, merita ben altre attenzioni e, soprattutto, una progettualità culturale che oggi non si riesce a individuare.

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