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Chi ha paura di Riace

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Uno sciopero della fame nel Comune dell’accoglienza, Riace, il borgo calabrese svuotato dall’emigrazione, che ha ripreso a vivere da quando, nel 1998, ha accolto 250 persone arrivate su un barcone dal Kurdistan.
Un’accoglienza che ha permesso la riapertura della scuola elementare e la rinascita di attività economiche artigianali, e ha fatto risparmiare allo Stato notevoli cifre rispetto a quanto sarebbe stato speso per tenere gli immigrati in Centri sovraffollati e in condizioni di degrado.
Il motivo dello sciopero possiamo leggerlo sul sito ComuneInfo, a cura di Caterina Amicucci “Da mesi non vengono pagati i saldi dei programmi già svolti e per il momento non è confermato il finanziamento del 2018 dal quale dipendono 150 migranti ed il lavoro di diversi operatori sociali. Versamenti che sono stati regolarmente effettuati ai paesi limitrofi della Locride che gestiscono altre strutture di accoglienza”.

Con il suo gesto, il sindaco, Domenico Lucano ha voluto  denunciare questa assurda situazione, trovando la solidarietà dello stesso Presidente della Regione Calabria, Mario Oliverio.
Il blocco dei fondi SPRAR è stato deciso da Prefettura e Ministero degli Interni, in seguito a un’ispezione, della stessa Prefettura, che ha giudicato inadeguate le condizioni di vita dei migranti.
Scrive Amicucci: “Il verbale non solo è in contraddizione con la precedente ispezione della stessa prefettura che aveva lodato il modello Riace ma soprattutto con la realtà. Le porte del paese sono aperte a tutti ed è sufficiente trascorrervi poche ore per rendersi conto di come vivono i migranti e dell’aria che si respira in un luogo che solo pochi anni fa stava morendo di spopolamento.

La sezione di Catanzaro di Magistratura Democratica ha prodotto una contro inchiesta, una sorta di video-verbale indipendente che sarà presto reso pubblico e che smonta interamente i rilievi di merito della prefettura”.
Altra contestazione fatta all’amministrazione Lucano riguarda i cosiddetti bonus, una sorta di moneta locale utilizzata dai migranti per acquistare, autonomamente, i beni di prima necessità. Viene, cioè, contestata una pratica virtuosa che permette acquisti consapevoli e tracciabili ed evita quella gestione centralizzata degli stessi che troppo spesso ha dato luogo a scandali e corruzione.
“La nostra opinione è che le osservazioni critiche che a questo progetto vengono fatte siano di minimo rilievo. Sono osservazioni di carattere procedurale e formale, che esistono, ma che non hanno nulla a che vedere con la qualità del servizio”, spiega Gianfranco Schiavone vice presidente dell’ASGI, dopo aver studiato tutte le carte
“Certo, una qualità del progetto che è andata diminuendo nell’ultimo anno e mezzo per carenza di fondi. Non si possono erogare servizi se non ci sono i soldi. Anche io ci vedo un disegno di chiusura che va avanti da tempo”.

Non a caso, la RAI non ha mandato in onda il film girato sull’esperienza di Riace. Secondo Lucano infatti “7-8 milioni di persone avrebbero visto che a Riace è possibile. E’ possibile in una delle zone più depresse d’Italia, dove l’accoglienza non si limita ad una dimensione etica ed umana ma diventa anche la soluzione al problema dello spopolamento”.
Che la città sia diventata un esempio mondiale è testimoniato dalla recente visita di Ada Colau, sindaca di Barcellona (Spagna) e dalle sue parole: “Noi lo diciamo, loro l’hanno fatto”. Un esempio controcorrente nell’Italia dei porti chiusi e dei decreti “antibivacco”.

Il fatto che il Ministero degli Interni neghi a Riace, oltre alla sovvenzione per il primo semestre del 2018, quasi 2.000.000 euro provenienti dall’Europa e destinati proprio a finanziare questa esperienza, è sembrato inaccettabile e ingiusto a molti.
Da tutta Italia è arrivata la solidarietà a Lucano e si è diffusa la convinzione che i ritardi ingiustificati nel pagamento siano deliberati, vogliano costringere il progetto alla chiusura e distruggere il modello “che ha permesso di invertire il declino sociale, economico e demografico di una delle aree più difficili d’Italia, un’area caratterizzata da profonde infiltrazioni della criminalità organizzata”.
Nel concreto, la Rete di Comitati per la Solidarietà (RECOSOL) si è messa a disposizione con il proprio IBAN, ed è iniziata una raccolta fondi giunta, in pochi giorni, a circa 34 mila euro.
Inizialmente il sindaco non voleva accettare questi soldi, voleva che fosse il governo a dare al paese quello che gli spetta e che viene ingiustamente trattenuto. Ora, però, si è deciso ad accettarli perchè comunque il paese ‘deve vivere’.
Colpisce anche che si parli poco di questa situazione, tacciono la maggior parte dei giornali e qualcosa passa solo sui social, come se ci fosse su Riace una sorta di consegna del silenzio, che va invece spezzata facendo circolare il più possibile queste informazioni.
Quanto alla raccolta fondi si può partecipare con una donazione unica o periodica: RECOSOL, IBAN: IT92R0501801000000000179515, causale Riace. La campagna rimarrà attiva fino a dicembre 2018.

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