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Un'etica della responsabilità per contrastare oggi la mafia

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Una costante formazione culturale, un’informazione corretta, il contrasto alla tolleranza indifferente ed una partecipazione attiva: ecco gli elementi essenziali per contrastare la mafia.

Se ne è parlato, ritornando a ragionare sul fenomeno mafioso, all’interno del Seminario che annualmente viene svolto dalla Facoltà di Scienze umanistiche in memoria di Giambattista Scidà, dedicato quest’anno al tema “Mafia/antimafia oggi”,

Nell’appuntamento iniziale del 1° marzo, presso l’Auditorium dei Benedettini, il tema della mafia e quello dell’antimafia sono stati affrontati a partire delle loro caratteristiche fondamentali, in modo propedeutico ai successivi argomenti del seminario e come utile richiamo per il folto pubblico composto soprattutto da studenti, oltre che da operatori del settore giudiziario, polizia, semplici cittadini.

Una testimonianza di accresciuto interesse di cui si è rallegrata la coordinatrice Simona Laudani, docente di Storia Moderna.

Ad aprire i lavori sono stati il pro-rettore, Magnano di San Lio e il capodipartimento DISUM, Maria Caterina Pajno.

Quest’anno la metodologia del seminario prevede incontri a due voci, in modo da permettere approcci diversi, esperienze differenti di vita vissuta ed una comprensione più esauriente del fenomeno.

I due relatori di venerdì scorso sono stati Adriana Laudani e Amedeo Bertone, rispettivamente avvocato di parte civile della famiglia Fava e pubblico ministero nel maxi processo Orsa Maggiore contro i vertici della mafia catanese.

Che cos’è la mafia a Catania? E perché è così importante leggere la mafia di ieri e di oggi?

La mafia, dice Adriana Laudani, battagliera donna dell’UDI, già consigliera regionale e avvocato, è un fenomeno complesso e antico, è un’organizzazione criminale che riesce a intessere relazioni con pezzi delle istituzioni, a penetrare nell’economia e a scambiare forza e potere offrendo servizi e denaro.

E’ un network: spaccio, traffici illeciti, corruzione, emigrazione, intreccio mafia/stato, mafia /imprenditoria.

Per contrastarla non sono sufficienti le forze dell’ordine e le istituzioni, occorre l’impegno di tutti i cittadini, della società civile e delle classi dirigenti, e soprattutto un’etica della responsabilità che permei tutto il tessuto sociale.

Amedeo Bertone, oggi procuratore capo di Caltanissetta, fa proprie le parole di Pietro Barcellona che definì la mafia “stato nello stato, perversione dello stato che si rovescia nel suo contrario e che ha come fine la gestione dell’illecito”.

La mafia vive e si riproduce grazie alla coincidenza e compenetrazione di interessi con parte della classe politica, afferma Bertone.

A conferma di ciò mostra le foto dell’inaugurazione, a Catania, di un negozio del boss Franco Romeo, con Santapaola abbracciato al sindaco della città Coco, il presidente della provincia Giacomo Sciuto e il deputato regionale Lo Turco, attorniato dai figli del cavaliere Costanzo e da alcuni prelati.

La mafia si accresce attraverso una burocrazia inefficiente e mastodontica, una imprenditoria sottomessa e una opinione pubblica tollerante e omertosa, supportata da una informazione miope e acquiescente.

E dunque poiché la nostra democrazia è debole e fragile, sottolineano i relatori, si è verificata una mutazione delle relazioni tra poteri legali e mafia in una ‘simbiosi mutualistica‘, così come definita al processo di Fava.

Che fare? Bertone oltre a ribadire l’importanza di una mobilitazione sociale e di una organizzazione della cultura senza retorica, rimette al centro la questione morale, volano di tutti i radicali mutamenti.

Si è parlato anche di antimafia di facciata e dei rischi di degenerazione in comportamenti altrettanto mafiosi, individuando come causa la scomparsa della linea di demarcazione tra legale e illegale.

All’antimafia di facciata è necessario contrapporre una antimafia sociale, proveniente cioè dal basso, con il coinvolgimento diretto dei cittadini che divengono così protagonisti del cambiamento.

1 Comment

  1. Ben altro che un’ antimafia “di facciata” è necessaria per noi tutti con i nostri figli in testa . E’ non solo vitale ma anche urgente i, che la richiamata altra antimafia “sociale” chieda alla Magistratura di estirpare le oscure logiche sulla predazione di beni pubblici cittadini. L’oscuro caso del “porto delle nebbie” così definito in Commissione Nazionale Antimafia parla chiaro. Il nostro porto è ancora al servizio di trasportatori non esclusi quelli già portati in Giudizio dalla DIA. Il nostro porto deve essere restituito a tutti noi cittadini con una gestione turistica comunale che attiri ed ospiti da tutto il mondo centinaia di migliaia di turisti ed incassi le somme opportune a riparare i pesanti debiti delle passate gestioni comunali . Decine di migliaia di noi cittadini potranno trovare lavoro serio, duraturo e ben pagato con il turismo nautico internazionale. Per primi rifioriranno i quartieri a sud lungo il porto degradati da troppo tempo per oscuri interessi.
    Solo così lo Stato , con la Magistratura , potrà salvare Catania dall’attuale disastro non solo comunale.

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