/

Tribunale di Catania, quello alla residenza è un diritto

2 mins read

Anche il Comune di Catania apre le porte dell’anagrafe ai richiedenti asilo. Così si pronuncia il Tribunale locale che, in linea con quanto già fatto dai Tribunali di Firenze, Bologna, Genova, Ancona, Salerno, Cagliari, Lecce e altre città, accoglie il ricorso di una richiedente asilo che si era vista negata la possibilità di prendere la residenza nel Comune etneo in virtù del cosìddetto Decreto sicurezza.

La battaglia intrapresa dalla protagonista della nostra storia (di fantasia) è simile a quella di tanti altri richiedenti asilo che vivono in Italia: Blessing arriva dalla Nigeria; con sé solo i traumi di un passato violento e un’idea di futuro fatto di dignità ed equità sociale.

Avvia a Catania la richiesta di protezione internazionale e mentre aspetta che la procedura amministrativa faccia il suo corso, frequenta le scuole serali, trova un lavoro, instaura nuove amicizie.

Stabilizzatasi, vorrebbe scegliere un medico di base; è venuta anche a conoscenza di un corso di formazione professionale per il quale vorrebbe candidarsi. Per fare entrambe le cose, però, serve la residenza. Facile, le dicono: basta andare all’ufficio anagrafe.

In effetti, la residenza altro non è che il luogo in cui ogni persona decide liberamente di vivere, stabilendovi la propria dimora abituale. Dal numero dei residenti, ogni amministrazione comunale sa quante persone vivono stabilmente sul proprio territorio ed è così in grado di organizzare adeguatamente i servizi pubblici da erogare. Tanti, infatti, i diritti fondamentali che si possono esercitare solo con la residenza: diritto all’assistenza sanitaria, alla difesa gratuita, alla previdenza sociale, all’istruzione, al lavoro…

Proprio per il ruolo chiave che ha il diritto alla residenza, la legge italiana prevede che esercitarlo sia semplice: basta dimostrare di avere la propria dimora abituale sul Comune prescelto; e di voler vivere su quel territorio.

Per gli stranieri, a questi due elementi si aggiunge il possesso di un permesso di soggiorno che dimostri la regolarità della propria presenza in Italia.

Il d.lgs.113/2018, cd. Decreto sicurezza, ha introdotto in proposito una norma che sembrerebbe voler escludere i richiedenti asilo (coloro cioè che richiedono protezione internazionale e sono titolari di regolare permesso di soggiorno), dalla possibilità di prendere la residenza e godere di tutti i diritti connessi.

Ecco dunque che il diritto, da strumento di tutela contro le disuguaglianze, diverrebbe fonte di esclusione e di conflitto all’interno della società, determinando l’irragionevole discriminazione di una categoria di persone.

Questa l’intenzione del legislatore? A giudicare dalle altre disposizioni normative introdotte in materia di immigrazione, certamente sì. E così Blessing non è riuscita ad ottenere la residenza: niente corso di formazione professionale, ma solo lavori saltuari o in nero; ogni volta che si ammalerà andrà al pronto soccorso, unico presidio medico accessibile per i non residenti; scomodo per lei e controproducente per tutti i residenti che in pronto soccorso si troveranno una persona in più alla quale probabilmente bastava soltanto la ricetta di uno sciroppo per la tosse.

Prima dell’entrata in vigore del Decreto sicurezza, questo problema non esisteva e tutte le amiche di Blessing si sono iscritte in anagrafe senza alcuna difficoltà, anzi! In virtù di un “regime semplificato” introdotto con la Legge n.46/2017, l’iscrizione anagrafica del richiedenti asilo avveniva con una semplice dichiarazione del responsabile del centro di accoglienza dove il richiedente abitava.

Blessing non si arrende e con il supporto dei legali del Centro Astalli, in particolare Riccardo Campochiaro, presenta ricorso contro il Comune di Catania.

E vince: secondo il Tribunale di Catania il decreto sicurezza ha come unico effetto quello di eliminare il “regime semplificato” per l’iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo; anche loro dunque potranno iscriversi, ma mediante l’ordinario procedimento amministrativo che prevede la verifica della dimora abituale, come previsto anche per il cittadino italiano e per qualunque straniero regolarmente soggiornante.

Altri Tribunali hanno invece ritenuto che la norma del decreto sicurezza impedisca davvero l’iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo; ma in tal caso l’hanno dichiarata illegittima perchè contraria a norme costituzionali.

Ininfluente o illegittimo, questi gli unici due “effetti” del Decreto sicurezza sull’iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo.

Blessing tornerà dunque all’ufficio anagrafe e il funzionario avrà l’obbligo di iscriverla, per ordine della magistratura.

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Gli ultimi articoli - Giustizia