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Mi votu e mi rivotu

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“Tra le canzoni popolari siciliane – scrive Francesco Giuffrida – Mi votu e mi rivotu è tra le più note e cantate”. Nasce, o comunque si diffonde in Sicilia, nel Settecento, infatti la prima registrazione su carta risale ai primi anni dell’ Ottocento. E’ stata nel repertorio di Rosa Balistreri e, più recentemente, è stata riproposta da Carmen Consoli e Mario Venuti.
Mi votu e mi rivotu suspiranno
Passu li notti ‘nteri senza sonnu
E li biddizzi to ‘iu cuntimplannu
Mi passa di la notti sinu a ghiornu
Giuffrida ci invita innanzitutto a ragionare sul termine ‘nteri, apparentemente un “italianismo” ospitato nella canzone. In effetti sia Giuseppe Pitrè che il musicista Francesco Paolo Frontini riportano   una versione differente: passu le notti ‘nterra senza sonnu. “ L’ipotesi più probabile – afferma Giuffrida – è quella che individua la nascita del canto tra – quelle persone use a dormire in terra, almeno in qualche fase della loro vita: i contadini, appunto, se costretti a lavorare molto lontano da casa, i mietitori, i pastori, i vendemmiatori e anche gli allevatori di bachi da seta che cedevano i loro letti per ospitare in casa i bachi quando dovevano formare il bozzolo”.
In questa versione l’uso del termine ‘nterra sottolineerebbe, in contrasto con l’idea di un mondo contadino gioioso e bucolico, la tremenda fatica del lavoro. Probabilmente, questo riferimento così realistico è sparito nel corso della trasmissione orale del canto, perché la canzone è stata “adottata” anche da chi col dormire ‘nterra non aveva alcuna dimestichezza, e ciò l’ha resa più universale, favorendone sopravvivenza e diffusione.
Altra curiosità, dopo il quarto verso, ma non in tutte la varianti, la nostra canzone, differentemente dalla tradizione siciliana che si compone di otto endecasillabi in rima alternata, cambia rima come se fosse la somma di due canti diversi ma di contenuto compatibile.
Tratto da:  Francesco Giuffrida, La Rivista del Galilei n.16 novembre 2009

guarda anche : ed. Ricordi 1883 di Francesco P. Frontini

1 Comments

  1. Chi normalmente dorme a terra non mi sembra che abbia “necessità poetica” di sottolinearlo. Scarterei, comunque, la lezione “Ntera-intera”, anche se il canto, a mio avviso,non è di origine popolare: lo evidenzia un lessico piuttosto ricercato. Ma le mie sono solo impressioni. Baci Cicci

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