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Beni confiscati alla mafia. E' sempre Cosa loro

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guarda uno dei servizi di Striscia la notizia

Pio La Torre si rivolterebbe nella tomba. I beni sequestrati ai mafiosi, in forza di una legge che reca il suo nome, vengono restituiti agli stessi, e su un vassoio d’argento, dalle amministrazioni pubbliche, le stesse che dovrebbero garantire moralità e trasparenza. E’ accaduto a Palermo, dove l’amministrazione comunale, senza attendere l’ok della Prefettura, ha assegnato alcuni immobili confiscati a tre associazioni, tutte del quartiere Brancaccio, che, sembrerebbe, abbiano ottenuto anche dei finanziamenti pubblici. Gli amministratori dei tre enti beneficiari di beni confiscati a boss come Spina e Bontade,

nella foto da sinistra Raimondo Cerami, don Mario Golesano e il Presidente della Prov di Palermo

erano parenti degli stessi capomafia, o appartenenti direttamente alle cosche o ancora riconducibili comunque ai vertici di Cosa nostra. Per anni i beni confiscati ai mafiosi sono rimasti così nelle mani degli stessi, sia pure attraverso parenti e amici.
Nel 2003 l’associazione Live Europa, opportunamente costituitasi appena poco prima, otteneva un immobile confiscato in viale Regione siciliana, 635 metri quadri, per la realizzazione di una casa famiglia per minori extracomunitari. Fu messa su, invece, una casa per anziani, con rate mensili da 1300 euro a vecchietto. Solo nel 2008, cinque anni dopo, viene rilevata – e non dal Comune ma dalla Prefettura – l’esistenza di infiltrazioni mafiose. Nella Live Europa erano presenti infatti, Roberta Bontade, il marito Stefano Marcienò, parenti di boss e Francesco Maggiore, appartenente in prima persona alla cosca mafiosa di Bagheria. Questo, però, non impedisce la fruizione del bene da parte dei mafiosi o simpatizzanti cui il Comune non revoca la concessione.
Ancora. Nel 2008 l’assessore pro tempore assegnò alla fondazione Giuseppe Puglisi un appartamento e all’associazione Solaria il fondo Magliocco, un terreno di 30.000 metri quadri con casolare annesso, confiscato ai Bontade. Nello stesso anno, però, la Prefettura inviava una nota riservata in cui avvertiva: il legale rappresentante, padre Mario Golesano, era socio di associazioni formate da parenti di boss e inoltre il vicepresidente della stessa Fondazione, Giuseppe Provenzano, era legato al gruppo Gricoli, riconducibile, a sua volta, nientemeno che al pluriomicida Matteo Messina Denaro, uno dei criminali latitanti più pericolosi al mondo. Ma all’indomani dell’informativa della Prefettura ecco che quegli stessi parenti dei boss si dimettono; a loro subentrano altri amici, meglio mimetizzati. Nonostante le note della Prefettura il Comune di Palermo attende poi un anno prima di comunicare l’avvenuta revoca.
E mentre le associazioni di cui abbiamo parlato amministravano i beni, veniva creata l’ennesima società, anche questa ispirata a don Puglisi, il sacerdote ucciso dalla mafia, il “Centro giovanile Don Giuseppe Puglisi Onlus” che dopo solo tre giorni chiedeva e solo dopo pochi mesi otteneva un appartamento di 200 metri quadri, poco prima revocato alla Fondazione Puglisi. Anche l’associazione ASDA subentrava nel possesso del Fondo Magliocco all’Associazione Solaria, anche se tra i membri della prima c’era anche Pietro Scozzari, presidente della Live Europa.
Anche su quest’ultimo terreno la destinazione d’uso era stata aggirata. Il fondo era stato assegnato al Comune dall’agenzia del demanio per farne un canile municipale. Il Comune lo aveva invece consegnato alla cooperativa Solaria per avviarvi un’azienda agricola da affidare ai giovani e, dopo la nota della Prefettura, all’Asda che si occupa di malati di Alzhaimer.
Per saperne di più leggi l’articolo di Nadia Spallitta su Asudeuropa del 11 ottobre 2010 pagine 28-31
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