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Ciaccia, viceministro al Ponte sullo Stretto

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Ormai tutti hanno capito che il ponte sullo Stretto fa parte contemporaneamente del capitolo degli sprechi e di quello dei progetti irrealizzabili. Insomma degli incubi. Tutti, tranne Mario Ciaccia, neo viceministro dell’Economia, delle infrastrutture e dei trasporti, amministratore delegato e direttore generale di BIIS – Banca Infrastrutture Innovazione e Sviluppo (gruppo Intesa Sanpaolo), nonchè collega di governo del chiacchierato Corrado Passera, “ex” consigliere delegato di Intesa Sanpaolo. Antonio Mazzeo, a tale proposito, ha raccolto nel suo blog una serie di interessanti citazioni storiche con il titolo “Quel viceministro banchiere del Ponte“.
“Penso che il Ponte sullo Stretto di Messina possa essere un ulteriore incubatore di sviluppo e di crescita per un’area di importanza strategica per tutto il paese”, ebbe a dire Ciaccia, nel non troppo lontano 2009, partecipando a un convegno promosso a Roma da Banca Intesa su “Federalismo, infrastrutture e turismo per il rilancio del sistema Italia”. In quell’assise, alla quale partecipò il fior fiore del PDL, da Schifani alla Brambilla, fu annunciata la costituzione del fondo d’investimento Marguerite, destinato alle “infrastrutture strategiche europee”.
Il ponte è un chiodo fisso per il neo-viceministro. Presidente di ARCUS (la società a capitale pubblico che avrebbe dovuto investire il 3% delle risorse della famigerata legge Obiettivo in iniziative culturali e artistiche nei territori investiti dai lavori per le megainfrastrutture), Mario Ciaccia, attraverso l’associazione Civita della quale è membro del comitato direttivo, aveva avviato la programmazione di uno studio sulle “possibili connessioni e collegamenti per far divenire il Ponte di Messina un’opportunità di sviluppo per il turismo e per i beni culturali della Sicilia e della Calabria”. Gli interventi da finanziare sarebbero serviti per creare musei, parchi archeologici e “percorsi culturali e paesaggistici”, centri di accoglienza per turisti, parchi commerciali e alberghi, ristoranti e negozi, “alcuni dei quali issati sulle due torri alte 382 metri poste ai lati della campata”. “Il Ponte sullo Stretto -diceva Ciaccia- costituirà occasione preziosa per un progetto-pilota di bacino culturale che nel tempo avrà effetti durevoli sul contesto sociale, economico e culturale del territorio, una nuova realtà per catturare quel turismo culturale che gli esperti segnalano in grande sviluppo”.
Qualche ombra, per la verità, la intravedeva lo stesso Ciaccia: “Il Ponte è una grande opera che però comporterà lo sconvolgimento del territorio e bisognerà attutirne l’impatto. Ma con i lavori potranno venire alla luce nuove realtà e sarà un’occasione irripetibile per fare riscoprire quel territorio. Con la possibilità di mettere a sistema una serie di beni culturali tra Calabria e Sicilia…”.
Proprio BIIS, Banca Infrastrutture Innovazione e Sviluppo, diventa, intanto, capofila del pool di banche che ha rilasciato la garanzia fideiussoria per la partecipazione alla gara ad Eurolink, il consorzio d’imprese aggiudicatario dell’appalto del Ponte (linee di credito per 350 milioni di euro). Il 21 luglio 2009 il suo amministratore rassicurava: “Sono stati stanziati 1,3 miliardi e noi siamo pronti a mettere quello che serve e poi eventualmente a sindacarlo”.
Sempre pronto a mettere mano al portafogli. Ciaccia lo ribadì anche un anno dopo al convegno pro-Ponte, organizzato dall’Ordine degli Ingegneri della provincia di Catania: “I soldi ci sono e da molto tempo. Il mondo bancario ha bisogno solo di certezze operative che solo la politica può dare”. E ancora, intervistato da Specchio Economico, prendeva le difese dell’opera avversata da più parti: “Al di là

delle valutazioni di parte, al Ponte sullo Stretto partecipano grandi costruttori italiani e noi abbiamo il dovere di essere presenti perché le nostre imprese non si sentano sole. Se poi il nuovo Governo bloccasse l’opera, probabilmente vi sarebbero penali da pagare a chi si è aggiudicato l’appalto. Per ora abbiamo rilasciato fidejussioni e linee di credito che, ovviamente, hanno un costo. Come ha un costo il fatto che un’impresa si sia dedicata anche finanziariamente e tecnicamente a un’opera invece che a un’altra”. Insomma, cornuti e mazziati, come direbbe Di Pietro.
Ma non basta. Aggiunge Mazzeo: “Sotto la direzione del neo-viceministro dell’Economia, delle infrastrutture e dei trasporti, la banca ha finanziato grandi progetti in Italia ed all’estero dal valore complessivo di oltre 30 miliardi di euro”. Ciaccia è anche arranger (parola che già di suo fa pensare al peggio) di alcuni dei più discutibili programmi destinati alla Sicilia, come il “miglioramento dell’adozione idrica” di Siciliacque Spa (investimenti per 564 milioni) e la realizzazione dei termovalorizzatori da parte di un pool d’imprese a guida Falck (1,2 miliardi) e Sicil Power (450 milioni).
Altro importante settore d’intervento della banca di Ciaccia è la cosiddetta “cartolarizzazione dei crediti sanitari”, attraverso l’emissione di obbligazioni costruite sui crediti vantati da aziende del settore nei confronti delle Regioni (in prima fila Abruzzo, Molise, Lazio, Campania e Sicilia). Cosa succederà quando ipoteche e cambiali andranno a riscossione?

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