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Anna Maria Scarfò, la forza di parlare

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Come sempre l’otto marzo anche a Catania si moltiplicano le iniziative per la cosiddetta “festa della donna”. Tutte concentrate lì, in pochi giorni, più o meno a cavallo della fatidica data. Come sarebbe meglio se fossero diluite in tutto l’anno… Ma tant’è. Purtroppo anche quest’anno sull’altare dell’8 marzo saranno sacrificate mimose mentre sciami di donne applaudiranno spogliarelli maschili. Che tristezza!
Ci sono poi altre iniziative. Ne citiamo alcune: organizzato da una rete di associazioni, il raduno, dalle 10,30 in poi, nell’Auditorium dei Benedettini, dedicato a Stefania Noce e a tutte le vittime di femminicidio. Dalle 18, nella Libreria Feltrinelli, “Una stanza per tutte noi“, letture di testi di grandi scrittrici e poetesse di tutti i tempi. Alle 20, presso Area Keré, in via Macherione, la  proiezione del film “Camille Claudel“.
Con Stereotipa, l’Udi di Catania e l’insegnamento di Sociologia della comunicazione della facoltà di Scienze politiche, mettono in atto un progetto comune di monitoraggio dell’immagine che hanno di sè le ragazze, chi sono , cosa vogliono, quali modelli hanno. Si è concluso ieri anche l’interessantissimo seminario di Graziella Priulla, docente di sociologia della comunicazione, sul linguaggio sessista e la manipolazione delle parole, dal titolo “Identità di genere e linguaggi“.
Per noi di Argo l’8 marzo 2012 è ricordare Stefania Noce e raccontare la terribile storia di Anna Maria Scarfò. Qui di seguito parliamo di lei per starle accanto, per non lasciarla sola. Stuprata, obbligata per anni ad avere rapporti sessuali, perseguitata anche dopo la condanna dei suoi aguzzini, vive ora sotto scorta.
Anna Maria Scarfò ha solo 13 anni quando viene violentata per la prima volta da un branco di 12 uomini. La bambina chiede aiuto al parroco del paese, San Martino di Taurianova, in provincia di Reggio Calabria, ma non ottiene niente. Le violenze continuano così per tre anni, tre anni in cui gli abusi sessuali vengono usati anche per pagare debiti, come merce di scambio, fino a quando il branco non le chiede di portare anche la sorella più piccola. Per salvarla Anna Maria trova il coraggio e la forza d’animo necessari a parlare, a denunciare tutto. È il 2002.
Oggi Anna Maria ha 26 anni ed è stata la prima donna a far parte di un innovativo programma anti-stalking che le ha garantito una scorta ed infine, l’estate scorsa, il trasferimento in “località sicura”. Infatti nel suo paesino quasi tutti le sono ostili, nessuno la difende, nemmeno la sua stessa famiglia. Prostituta, “malanova” la chiamano, provocatrice e portatrice di disgrazie. Insomma, quello che ha ricevuto se lo è meritato, se lo è cercato lei. La donna ha dovuto quindi subire continue minacce: le sono arrivate telefonate intimidatorie; ha trovato il bucato imbrattato di sangue; le è stato ammazzato il cane.
Assistita dall’avvocato Rosalba Sciarrone, Anna Maria è riuscita comunque a trascinare in tribunale i suoi aguzzini. Alcuni hanno scelto il rito abbreviato e sono stati condannati a pene definitive; altri sono stati giudicati colpevoli in primo grado. Qualche settimana fa è iniziato infine il processo per le molestie subite dalla donna durante 10 anni di procedimenti penali, a carico di 16 persone, tra cui 3 dei suoi stupratori. Grazie ad una fervida campagna di sensibilizzazione, portata avanti da numerose associazioni come la Fondazione Giovanni Filanoti e l’Associazione Antimafie Rita Atria, in molti si sono recati ad assistere al processo e a testimoniare la propria vicinanza umana ad Anna Maria.
Eppure il corso della giustizia ancora una volta è stato ostacolato e rallentato. Un comunicato stampa dell’UDI (Unione Donne in Italia) ci informa infatti che il giudice Giuseppe Raimondino, della sezione distaccata di Cinquefrondi, si è visto presentare da 4 degli imputati un’istanza di remissione del processo, dal momento che la “pressione mediatica sulla vicenda non consentirebbe una serena decisione del giudice”. L’istanza è stata accettata e gli atti sono stati inviati alla Cassazione.
L’UDI ci ricorda quanto sia triste “ascoltare che proprio dai giudici vengano delle sospensioni su una presunzione di incapacità d’essere al di sopra delle parti”; sembrerebbe quasi un suggerimento a comprendere finalmente che “il silenzio è d’oro e la vita è quello straccio che i prepotenti sono disposti a lasciarci”. Tuttavia ha detto bene la Sciarrone, legale di Anna Maria, quando ha saputo dell’accettazione dell’istanza: “Oggi è una giornata di vittoria. L’istanza è infondata ; per la prima volta abbiamo rotto il silenzio e questo fa paura”.
La lotta della Scarfò per riconquistare la propria vita non è ancora finita, ma lei non è più sola. E nelle decine di persone che sono accorse a manifestarle il proprio sostegno potrà forse trovare un’altra ragione per continuare a combattere.
Per una copiosa ed interessante rassegna stampa guarda nel sito ritaatria.it.

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