Un senegalese di nome Malik

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È un privilegiato, in fondo, Malick: in Italia è arrivato in aereo, con un visto turistico, 10 anni fa, destinazione Milano, dove era atteso da due amici senegalesi. A Dakar aveva frequentato fino al terzo anno la facoltà di lettere e filosofia, e coltivava il sogno di diventare giornalista.
In sedici tra fratelli e sorelle, figli delle quattro mogli del padre, la vita scorreva dura e senza molte prospettive in un paese dove, se non sei figlio di gente che conta, è difficile ritagliarti un posto di riguardo nella società. Il richiamo dell’occidente opulento e pieno di possibilità ha infine avuto la meglio e, quando si è presentata l’occasione di andare via, questo senegalese istruito e comunicativo, l’ha colta al volo.
Al suo paese, oltre a studiare all’università, lavorava come giornalista non retribuito, ed i colleghi del giornale gli hanno regalato una somma di denaro per aiutarlo nei primi tempi. Arrivato in Italia ha cominciato a lavorare come corriere notturno a Milano.
Al lavoro è diventato amico di un palermitano che gli decantava, con un’eloquenza tutta siciliana, le bellezze di Palermo, le sue spiagge, il cibo, la gente. Dopo aver perso il lavoro nel 2009, e dopo una breve vacanza a Dakar, è ritornato in Italia e stavolta la sua destinazione è stata Palermo. Ora risiede nel capoluogo siciliano, fa il venditore ambulante di libri e gira un po’ per le principali città della Sicilia, ogni tanto va a Milano a rifornirsi e d’estate vende libri sulle spiagge di Pescara.
Quando è nella nostra città, staziona con un amico senegalese, anche lui venditore di libri, davanti ad una nota libreria del centro, e sono molte le persone che lo conoscono e con cui scambia due chiacchiere. Lo zainetto pieno di libri, un sorriso aperto, Malick t’informa gentile sulle novità e ti consiglia le fiabe illustrate per il tuo bambino o il manuale di cucina africana per l’amica.
L’amico con cui vende gli stessi libri e che divide con lui lo stesso metro quadrato di terreno davanti alla libreria è curiosamente in diretta concorrenza con Malick: le casse restano, infatti, separate. Tanto è timido riservato Ka quanto è esuberante ed espansivo Malick; la sera ognuno porta a casa i propri guadagni: sembrerebbe che in questa lotta alla sopravvivenza ci sia ben poco spazio per formule più cooperanti e partecipative.
I libri che vendono sono scritti da senegalesi che vivono in Italia, ed i proprietari delle case editrici (Edizioni dell’Arco con sede a Milano e Giovane Africa con sede a Pontedera) sono senegalesi sposati con italiani. Le fiabe, i brevi romanzi, come ponti gettati tra due culture, raccontano storie di piccoli villaggi africani di campagna dove le magie hanno il loro posto nel quotidiano e gli stregoni offrono pozioni e consigli.
Vengono pubblicate anche autobiografie di senegalesi che vogliono raccontare le loro esperienze di vita in Italia, la convivenza con una cultura diversa, l’accettazione delle idee altrui che spesso porta ad un riesame delle proprie allo specchio dell’altro.
Malick ci tiene ad offrire un prodotto dignitoso, lui è un venditore, ma anche un lettore, ama i libri, legge tutto quello che vende (e molto altro) e non vuole gesti di beneficenza, ma di solidarietà.
Come con il suo collega anche i suoi rapporti con la comunità senegalese della nostra città restano freddi, limitati per lo più al festeggiare insieme le ricorrenze religiose del loro paese. Ognuno pensa un po’ a sé stesso, ed anche a causa di una gran voglia d’integrazione, resta ben poco spazio per le relazioni solidali con i conterranei, nei confronti dei quali Malick rivendica anche una certa superiorità culturale.
In questi dieci anni Malick è tornato spesso in Senegal, dove nel frattempo si è sposato ed ha messo al mondo due figli. Abbraccerà il più piccolo, che non ha ancora un anno, per la prima volta a febbraio, quando tornerà in vacanza nel suo paese.
Oggi, a 36 anni, ha qualche rimpianto per aver lasciato gli studi ad un passo dalla laurea. Non consiglierebbe ad un ragazzo di lasciare il Senegal per l’Europa ad ogni costo, ma sa che qui le possibilità che la vita offre sono più numerose che nel suo paese, e, se il suo domani si presenta incerto, è pieno, nonostante tutto, di aspettative.
Qui, comunque sia, riesce a mantenersi ed a mantenere moglie e figli in Senegal. In Italia vive, e spera.
In questi anni ha imparato inoltre che le somiglianze tra i nostri due paesi sono molte di più di quanto non sembri: la corruzione endemica, l’inesistenza di mobilità sociale verso l’alto, una classe politica inamovibile, un’élite arrogante accumulatrice di potere e ricchezza…
Una bella differenza invece sta nel numero delle mogli, e qui il buon Malick ha presto capito che due, tre, quattro mogli sono troppe e che una sola basta a rendere un uomo felice (od infelice)!

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