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Niscemi, il popolo della pace invade la base

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Un corteo per la pace e il disarmo all’interno di una base militare non si era mai visto. E’ accaduto ieri, 9 agosto, a Niscemi. Di più. Non solo il corteo ha sfilato per quasi due ore in “territorio” statunitense, ma ha anche permesso alla decina di attivisti che avevano passato la notte sulle antenne NRTF di scendere e rientrare in città insieme con tutti i manifestanti.
Probabilmente, neanche i più ottimisti fra i pacifisti avevano sperato in un risultato così clamoroso. Per una volta ha prevalso la forza della ragione, senza che la tensione con le forze dell’ordine, presenti in maniera massiccia, superasse mai il livello di guardia. Certo, migliaia di persone in piena estate alla sughereta di Niscemi dimostrano quanto, in Sicilia (e in Italia), sia forte e radicata l’opposizione al MUOS.
Che all’interno del corteo fossero ufficialmente presenti tanti sindaci isolani e i relativi gonfaloni conferma che si tratta di preoccupazioni profondamente condivise.
Un corteo caratterizzato dalla presenza dei militanti del Coordinamento regionale dei Comitati, da delegazioni di forze politiche e sindacali (in particolare, PdCI e Rifondazione, e Cobas) combattive ma non particolarmente numerose, ma soprattutto dalle tantissime presenze individuali o di gruppi locali.
Non sappiamo se quanto accaduto rappresenterà una svolta decisiva, sicuramente non si è trattato di ordinaria amministrazione.
Certo, il rischio, per chi descrive questa vicenda, è quello di ripetersi all’infinito. Da un lato la ‘ragione di stato’ (in questo caso le esigenze non contrattabili del potente alleato statunitense, o americano, come dicono tutti), dall’altro il diritto a una vita serena, senza l’incubo dell’inquinamento, senza la paura di essere un possibile bersaglio militare, e con la voglia (la speranza) di vivere in un territorio dove vengano preservati i valori sociali e ambientali.
In mezzo la politica siciliana, e nazionale. Anche in questo caso uno stanco ritornello: Lombardo prima si schiera contro e poi concede le autorizzazioni, Crocetta (bersaglio privilegiato dei manifestanti), dopo urla e proclami, e nonostante una decisiva vittoria nelle aule giudiziarie, facendo, peraltro, riferimento a una penale inesistente, revoca la sua revoca e dà il via libera al completamento dei lavori.
Lavori che, nonostante la sospensione delle autorizzazioni, i militari USA avevano tranquillamente proseguito, come hanno puntualmente documentato gli attivisti del Coordinamento regionale dei Comitati NoMuos. Cui va anche, e soprattutto, riconosciuto il merito di avere fatto crescere, attraverso una capillare opera di informazione e le concrete azioni di blocco messe in atto davanti ai cancelli (nonostante i tanti provvedimenti repressivi subiti: denunce, carcere, fogli di via, multe salatissime),  la consapevolezza delle ragioni del no e rallentato la stessa prosecuzione dei lavori.
Difficilmente, senza questa mobilitazione e l’organizzazione del campeggio/presidio ci sarebbe stata questa particolare giornata di lotta.. E accanto a loro l’originale presenza delle mamme NoMuos, con i loro contenuti, le loro modalità di lavoro, e la consapevolezza di una battaglia lunga e difficile che, per conseguire un esito positivo, deve diventare di tutti.
Perché bloccare la costruzione del MUOS (e smantellare le 46 antenne NRTF – Naval Radio Transmitter Facility – attualmente presenti nella base) significa, nello stesso tempo, mettere insieme tre obiettivi.

  • Bloccare un’ulteriore fonte di inquinamento in una zona decisamente ‘complicata’ (si pensi ai problemi derivanti dalla vicina localizzazione del petrolchimico) ed evitare i negativi effetti sul traffico aereo civile.
  • Ribadire che l’Italia ripudia la guerra e non è disponibile a mantenere nel proprio territorio uno strumento, come il Muos, che ha funzioni di controllo dello spazio e gestione di ogni tipo di attacco militare, con le modalità proprie di un video-gioco, ma con i terrificanti effetti di ogni conflitto, ricordando che se si vuole la pace, si deve preparare la pace.
  • Salvare una zona, la sughereta, di altissimo valore ambientale.

Di fronte a tutto questo, a una chiara e inequivocabile espressione della volontà popolare una ‘buona politica’ dovrebbe fare immediatamente l’unica scelta possibile: avviare lo smantellamento della base. Sinora abbiamo assistito, in Sicilia e a Roma, a prese di posizione demagogiche (clamorosamente smentite dai fatti), o a comportamenti subalterni.
Quando ci si chiede il perché di tanta distanza fra società civile e politica, diventa, di fronte a fatti come questi, una domanda inutile e retorica. E se la politica non è in grado di cambiare passo, tocca alla società civile “inventare” modalità e strumenti per garantire il rispetto della volontà popolare, cioè praticare la democrazia.
Ecco la manifestazione in alcuni scatti di Amalia Zampaglione

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