/

Grotta del Crocefisso, quando i vandali sono come l’Isis

1 min read

Pantocratore, Grotta del Crocifisso. Lentini
Pantocratore, Grotta del Crocifisso. Lentini

Stavolta quelli dell’Isis  non c’entrano affatto. Alla distruzione degli affreschi di un’antica chiesa rupestre siciliana hanno collaborato ex equo vandali siciliani, incuria e intemperie.
Forse pochi di voi ne conoscono l’esistenza. Parliamo della Grotta del Crocefisso che, pure, si trova nei pressi di Catania, in territorio di Lentini, poco lontano dal “Castellaccio” federiciano, ormai ridotto anch’esso in rudere.
Nel sito dell’istituto centrale per il catalogo e la documentazione del Ministero per i beni culturali al quale vi rimandiamo per saperne di più, leggiamo che “la Chiesa presenta il più complesso apparato iconografico della Sicilia rupestre” … “con cinque fasi decorative”…che testimoniano “un vero e proprio programma iconografico rinnovato in tempi diversi”.
Dai frammenti rimasti gli studiosi attribuiscono alcuni affreschi al XII secolo, altri al XIII, quali la crocifissione e il Pantocrator. E ancora al XIV e al XVII.
Guardandoli oggi si prova un misto di stupore affascinato e di profonda frustrazione. Ci rimandano il senso della sottrazione di una grande opera d’arte, quasi del tutto irrimediabilmente perduta, la rabbia per lo scippo ormai avvenuto e non più risarcibile.
La grotta è di proprietà della Chiesa, affidata e gestita dal parroco della Chiesa madre di Lentini che a chi gli chiede come mai un gioiello come la chiesa del Crocefisso sia ridotto in quelle disperate condizioni, risponde allargando le braccia disperato a denunciare l’endemica carenza di quattrini.
Noi, comunque,  siamo stati fortunati. Abbiamo potuto vederli. Ci ha fatto da cicerone il professore lentinese Elio Cardillo, docente di matematica ormai in pensione, poeta, con la passione per le tradizioni, la storia e la cultura della sua zona.
A lui il parroco affida la chiave che chiude il malfermo cancello posto a guardia del sito concedendo la possibilità di far provare emozioni a pochi selezionati e controllati visitatori.
La storia e l’arte  hanno sovrapposto, strato dopo strato, immagini successive su quelle antiche pareti. Immagini che sono state distrutte, cancellate da freddo e caldo, da pioggia e sole, e da visitatori incolti e feroci. La Chiesa è stata anche cimitero ed ossario. Ora le ossa dei defunti giacciono per terra alla rinfusa.
Fino a venti anni fa gli affreschi erano in condizioni abbastanza buone, come testimoniano le immagini gelosamente conservate nel tablet del professore Cardillo. Adesso sono in pessimo stato: tratti che, talora, si intuiscono appena.
Andarci, lasciare piccole offerte. Chissà che un giorno possa ammonticchiarsi un gruzzoletto che unito a fondi del ministero risani e riporti in vita la magica Grotta del crocefisso.

1 Comments

  1. ..come l’ISIS
    Già il titolo è intrigante e stimola riflessioni di ogni tipo; la prima è che mi convinco di aver ragione a non temere lo spauracchio dell’isis per il semplice fatto che , in casa nostra si è fatto di peggio e se mai dovessero giungere da noi rimarrebbero confusi: ..mi pare che qui ci siamo già stati, direbbero, rivolgendo altrove la loro evidente cultura archeologica. Si perchè loro sanno cosa distruggere, i nostri no!
    Ormai triplamente ventenne e più, ancora memore del partito di governo degli anni ’60, incontro vecchi politici e tecnici che a distanza di 50 anni ripetono il mantra che giustificò la devastazione di questa parte delle città in cui vivo: “l’antico corso” e dai loro racconti, dal saper che solo uno si oppose, astenendosi, all’edificazione del S.Bambino, risalgo all’idea di un patrimonio archeologico che doveva essere immenso e che tutt’oggi viene negato in un processo di continua complicità con chi, in quegli anni fece lo scempio. Forse che quelli di allora sono gli stessi di oggi? il trapianto di pelle, si sa oggi è possibile, mentre quello di partito lo era già da tempo.

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Gli ultimi articoli - Arte

Polvere

C’è un quadro di Pippo Reitano dietro il racconto di Stefania Ruggeri che oggi pubblichiamo. Un