Donne catanesi contro il nazifascismo

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arbeit mach freiCorreva l’anno 1945 quando il 27 gennaio le truppe sovietiche dell’Armata Rossa aprivano i cancelli del campo di concentramento di Auschiwiz, scoprendo gli orrori del genocidio nazista e liberando i sopravvissuti di quella terribile e macabra esperienza.
Quella data è stata istituzionalizzata in Italia comeGiornata della Memoria” con la legge 211 del luglio 2000 e, con la risoluzione 60/7 del 1 novembre 2005, dall’Assemblea delle Nazioni Unite.
L’intento è quello di ricordare la Shoah, le leggi razziali, le persecuzioni che i cittadini ebrei in Italia hanno subito, la deportazione, la prigionia, la morte di quanti si sono opposti al progetto di sterminio perpetrato dalle dittature nazifasciste.
La memoria di questi avvenimenti va custodita e mantenuta sempre viva per non dimenticare nella speranza che le nuove generazioni non abbiano a rivivere simili atrocità. Per questo motivo oggi in tutte le scuole di ogni ordine e grado sia in Italia sia in Sicilia si organizzano incontri, momenti di riflessione, di narrazione di fatti e di ascolto di testimonianze di sopravvissuti.

La Sicilia non ha vissuto nei propri territori gli orrori dei campi di concentramento, anche se ci sono stati antifascisti deportati come Carmelo Salanitro, docente al liceo Cutelli di Catania.
La nostra regione ha dato però un contributo alla lotta contro i tedeschi prima dell’8 settembre 1943: le prime reazioni si verificarono proprio nei paesi di Mascalucia, Castiglione di Sicilia, Biancavilla, Adrano, Belpasso, Bronte, Randazzo, Valverde, Calatabiano .
Molti siciliani e siciliane militarono nelle brigate partigiane e nel Corpo dei volontari della libertà, istituito nel giugno del 1944 a Milano. All’indomani dell’armistizio, infatti, si trovarono sotto le armi in molte regioni del Nord Italia o nelle zone di operazione all’estero, senza direttive da parte dei superiori, impossibilitati a rientrare nelle proprie famiglie a causa delle comunicazioni interrotte, minacciati dai rastrellamenti da parte dei tedeschi.
Ad entrare nelle formazioni partigiane li spinse la paura dei rastrellamenti, della deportazione in Germania e dell’arruolamento coatto nella Repubblica Sociale Italiana. Uccisi in giovane età ebbero la medaglia d’oro e d’argento al valore militare.

Chi ha fatto questa scelta, come dice Claudio Longhitano dell’Anpi Catania, era animato dal desiderio di finirla con una guerra che non sentiva propria e rifiutava di proseguire l’impegno militare accanto all’alleato nazista.
Anche le donne siciliane diedero il loro contributo. Sono da ricordare Graziella Giuffrida, catanese, arrestata dai tedeschi perché in possesso di una pistola. Venne condotta al comando di Fegine e lì torturata ed uccisa il 28 aprile 1945.
Beatrice Benincasa di Catania, partigiana della Brigata Matteotti, lottava per la pace, la giustizia e la libertà contro l’oppressione nazifascista. Venne uccisa il 17 dicembre del ’44 a soli 20 anni sul ponte del Lambro.
Anche alle Fosse Ardeatine si trovano cinque martiri catanesi: Cosimo D’Amico, Ferdinando Agnini, Sebastiano Laluna, Rosario Pitrelli, Santo Morgano.
L’elenco più dettagliato dei siciliani che hanno partecipato alla Resistenza si può visionare nel sito dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, Catania.

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