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Primo, il benessere del bambino

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Un evento tutto “Dalla parte dei bambini”: così la giornata svoltasi lo scorso 16 maggio presso le Ciminiere a cura dell’Associazione Italiana Magistrati per i Minori e la Famiglia.
Emma Seminara, giudice presso il Tribunale per i minorenni di Catania ha posto come base dei lavori la necessità di privilegiare il benessere del bambino, a partire dall’ascolto di costui. “Nel riparare al malessere del piccolo bisogna partire dalla considerazione dei suoi bisogni concreti, per modellare su questi le competenze degli adulti”.
Se gli adulti accuditori – continua Seminara – stentano a capire e realizzare i bisogni dei minori, dobbiamo intervenire arrivando alla soluzione estrema della sospensione e poi della recisione dei rapporti”.
Gli aspetti giuridici sono stati affrontati nella mattinata dai magistrati della prima sezione civile dei Tribunali di Palermo e Catania, Michele Ruvolo e Felice Lima.

Ruvolo ha posto l’attenzione sulla pluralità dei modelli familiari che la normativa della Corte Europea riconosce, indipendentemente dal matrimonio, in presenza di stabilità e continuità della relazione di coppia (coppie omosessuali, monoparentali, ricostituite).
Ecco i quesiti che un giudice si pone in questi casi:

  • Il bambino all’interno di una famiglia omosessuale come avverte la mancanza dell’altra figura genitoriale?
  • Come regolare le modalità e i tempi di frequentazione tra la donna, in qualità di genitore sociale, e i figli dell’ex compagna?
  • Nella famiglia monoparentale nella quale vi è la sola presenza della madre, vi è il rischio di una maggiore insicurezza del bambino?
  • In che modo vengono interpretati dal bambino i rimproveri da parte del nuovo partner del genitore?

Secondo Lima “nei dibattiti televisivi e nel sentito dire l’adozione ha cambiato natura: si è trasformata da un modo per risolvere i problemi dei bambini, quindi per cercare genitori adatti a bambini che ne hanno bisogno, a uno strumento degli adulti per dare bambini soddisfacenti a chi ha un bisogno.
Anche la causa civile si è modificata: da strumento per perseguire certi obiettivi valoriali a strumento per alcuni genitori che litigano usando i figli come strumento della lite”.
Ha inoltre posto l’accento sulla litigiosità che caratterizza le separazioni e che alimenta “un contenzioso che non è previsto in altri Paesi” e ha denunciato alcuni casi in cui i genitori, pur di prevalere, hanno determinato o la psichiatrizzazione o il sequestro dei figli, sequestro fisico (quando non si fanno vedere al coniuge) o psicologico.

Prof. Jesus Palacios

Jesùs Palacios, Ordinario di psicologia dello sviluppo e dell’educazione Università di Siviglia (Spagna), illustre studioso in campo di adozioni, ha esposto il suo approccio metodologico sulle connessioni tra bisogni dei bambini e competenze genitoriali in ambito adozionale, strutturando schede di intervento che modulano la preparazione, la valutazione e l’accompagnamento post adottivo per gli operatori del settore.
La valutazione, quindi, è solo una delle fasi del processo di intervento professionale. Ciò che è importante – per Palacios – è che i bisogni dei bambini siano al centro di tutti gli interventi e le esigenze di altre persone debbano essere considerate nel contesto di attenzione alle esigenze dei bambini.
C’è da aggiungere che la proposta metodologica dello studioso non è specifica per l’adozione, ma riguarda anche altri tipi interventi che interessano minori.
Il metodo Palacios, inoltre, non prevede valutazioni diverse per le coppie omosessuali o per le famiglie monoparentali che vogliano adottare, bensì l’approfondimento di caratteristiche peculiari.
Nel corso della tavola rotonda pomeridiana coordinata da Maria Francesca Pricoco, presidente del Tribunale per i minorenni di Catania, è stato evidenziato lo sforzo dell’Associazione organizzatrice dell’evento di mettere insieme il giudice della famiglia e il giudice minorile.
Al centro del dibattito i minori in abbandono, cioè quei minori che si trovano in una situazione di mancata assistenza morale e materiale. Un abbandono che è, molte volte, “conseguenza dell’impossibilità ad intervenire per risanare o rammendare le relazioni familiari logorate, disperse, interrotte”.
Pricoco ha ribadito l’importanza dell’ascolto nel procedimento di adottabilità; ha evidenziato l’eccezionalità della dichiarazione di adottabilità e il fatto che il desiderio o la speranza di divenire genitori adottivi non determinano tout court adeguate competenze genitoriali.
Fondamentale “il tempo ragionevole del processo” che deve coincidere con il tempo del bambino: “il tempo giusto per crescere”.
Sono quindi intervenuti il Presidente della sezione famiglia e minori della Corte D’Appello di Catania (Domenica Motta), e presidenti e giudici dei Tribunali di Catanzaro (Luciano Trovato), Reggio Calabria (Tiziana Catalano), Palermo (Flora Randazzo), Caltanissetta (Gabriella Tomai) e Catania (Luciano Criscione).
Essi hanno delineato le prassi nei rispettivi uffici giudiziari, soffermandosi anche sui “tempi ragionevoli per assumere decisioni”, sulla “necessità di ascoltare i bambini che ci dicono qualcosa non solo attraverso le parole, ma anche attraverso il gioco, i disegni, il proprio corpo”, sulla genitorialità adottiva dove “è il figlio che genera i genitori, che disegna l’identikit dei suoi genitori, i genitori giusti per lui”
Ha concluso Palacios che ha ribadito l’importanza delle dinamiche familiari, della comunicazione, della capacità di ascolto, del modo in cui vengono affrontati i conflitti rispetto all’identità sessuale del genitore: “Tutti gli studi dimostrano che minori che vivono in famiglie omosessuali non hanno maggiori problemi di identità di genere, conflittualità o altro, rispetto a quelli che vivono in famiglie eterosessuali.
Certamente non è la stessa cosa crescere in una famiglia etero o omo o singola, ma quello che è più importante è come si cresce; è importante riconoscere le differenze e le diversità; vi deve essere consapevolezza che questi fatti incideranno sui bambini”.
E’ possibile ascoltare o scaricare gli interventi del convegno collegandosi a questo link

2 Comments

  1. Scusate… ma sento la necessità di una rettifica, trovandomi attribuite parole non mie.
    Parlandosi di “cura” del minore, il riferimento è agli adulti “accuditori”, e non certo agli adulti “accusatori” (di cosa? di chi?). Certamente è un errore materiale, magari del correttore automatico che non riconosce la parola “accuditori”, corrispondente all’inglese “care – giver”.
    Apprezzando la funzione informativa di Argo, tengo poi a precisare che non c’è da parte mia nè di alcun operatore che si metta “dalla parte dei bambini” alcun favore per le “soluzioni estreme”. Il primo diritto del minore, consacrato nell’art. 1 della legge 184/83, è quello di crescere dentro la propria famiglia d’origine. Nei casi di cui ci occupiamo (di maltrattamenti, abusi e gravi trascuratezze di bambini) comunque il nostro primo dovere è quello di promuovere le responsabilità dei genitori o dei parenti, incentivando le loro capacità di realizzare i bisogni primari dei bambini. Solo in caso di fallimento di tale funzione c.d. pro-attiva, si dichiara l’adottabilità del minore nell’interesse al suo minimo benessere e comunque cercando di salvaguardare i legami.
    Emma Seminara

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