Referendum costituzionale, un voto contro Renzi?

4 mins read

Un voto contro Renzi o contro la sua riforma costituzionale? Il NO degli Italiani al Referendum è un dato non facile da interpretare.
Del merito della vittoria si appropriano sia le destre (Berlusconi, Salvini), sia il Movimento 5 Stelle, sia quella parte di società progressista che, pur non avendo attualmente un punto di riferimento politico, è scesa in campo per ostacolare una revisione costituzionale considerata autoritaria e antidemocratica.
Non basta. Molti elettori, anche non avendo ben chiari i contenuti della riforma, hanno votato NO per protesta, esprimendo così il proprio disagio sociale e volendo fare arrivare, a chi comanda, un segnale del proprio scontento.
La componente di protesta presente in questo voto non è detto che sia stata solo ‘di pancia’ o genericamente anti-establishment. Anche il voto di protesta può essere consapevole e quindi decisamente politico.
L’errore del Presidente (ormai ex) del Consiglio è stato quello di sottovalutare il disagio sociale e contare sulla propria capacità di condizionare l’elettorato con una propaganda piena di bugie.
Nella propaganda sono stati ingigantiti i difetti del bicameralismo perfetto, quando tutti sanno benissimo, che in caso di accordo politico le leggi possono essere approvate in pochi giorni. Si è millantata una accelerazione delle procedure, fingendo di non sapere che l’eliminazione di una delle Camere potrebbe portare all’ingolfamento dell’altra.
Lo stesso vale per la semplificazione, dichiarata solo a parole, visto quanto meno il lunghissimo e frastagliato elenco di leggi del nuovo articolo 70 della Costituzione. Per non parlare della sovrapposizione che si sarebbe venuta a creare tra la funzione di raccordo prevista per il nuovo Senato, “rappresentativo delle istituzioni territoriali”, e le esistenti Conferenze Stato-Regioni e Stato-città, organi di coordinamento ben funzionanti.
Si è poi vantato un presunto risparmio eccezionale, che si sarebbe potuto molto più efficacemente ottenere tagliando – ad esempio – le indennità di deputati e senatori. Indennità peraltro destinate ad incrementarsi proprio in conseguenza dell’aumento delle funzioni in capo ai nuovi senatori.

Potremmo continuare sulla composizione del nuovo Senato, sull’incongruenza di far eleggere i Sindaci dai Consiglieri regionali (in Sicilia dall’ARS), e via discorrendo.
Per non parlare dell’ampliamento dei diritti politici dei cittadini, in particolare, referendum propositivo e iniziativa legislativa popolare, annunciati come se fossero già contenuti nella legge di revisione mentre in realtà venivano rinviati ad altra legge di revisione, ovvero ad una modifica dei regolamenti parlamentari.
E’ stata la lettura del testo a far sbriciolare la validità delle parole d’ordine e a delegittimare la proposta, inducendo al voto negativo?
Senza escluderlo, non bisogna dimenticare il non detto che emergeva dietro quanto veniva propagandato, soprattutto se alla riforma si legava la legge elettorale Italicum, facendo intravvedere una modalità subdola di accentramento del Potere verso l’alto.
C’è stata quindi una insofferenza verso il metodo utilizzato da Renzi, anche da parte di chi non ha avuto a disposizione strumenti adeguati per smontare bugie e finalità nascoste del progetto.
Non solo propaganda e falsità sul merito della proposta, quindi, ma anche un modo di procedere ingannevole, con il corredo di false promesse di cambiamento in caso di vittoria del SI: aumento dell’occupazione giovanile e degli investimenti stranieri, crescita del benessere complessivo del Paese.
Un continuo parlare a vanvera che ha inasprito molti di coloro che hanno vissuto e vivono sulla propria pelle disoccupazione, impoverimento, negazione (o compressione) di diritti sociali.
E’ come se la gente avesse pensato che Renzi si preoccupava di rafforzare il suo potere “piuttosto che risolvere i nostri problemi”.
Non a caso altissima è stata la percentuale di giovani che hanno votato NO, essendo i giovani i più colpiti dalla disoccupazione e dal crescente precariato. E non a caso è stata altissima la percentuale di NO delle Regioni meridionali, quelle che pagano il prezzo più alto della crisi del Paese. Un segnale della persistenza di una questione meridionale ancora irrisolta, che certamente gli ultimi governi non hanno contribuito a risolvere
Il fatto poi che Renzi si sia intestato la riforma costituzionale, cercando di trasformarla in una sorta di plebiscito sulla sua persona (magari per ottenere quella legittimazione politica che non aveva mai avuto da elezioni politiche nazionali), è stato l’ulteriore errore che ha catalizzato contro di lui sia i cittadini scontenti sia tutte le opposizioni, di destra, di sinistra, di centro, compresa una parte dello stesso PD.
Ci sentiamo nel complesso di affermare che la vittoria del NO non è stata la vittoria di alcuna forza politica ma piuttosto una vittoria dei cittadini e quindi della democrazia.
Una vittoria che presenta delle analogie, riguardo alle percentuali di NO, con l’esito del referendum del 2006 sulla modifica della Costituzione proposta dal Governo Berlusconi.
Allora, però, prima del referendum, si erano svolte elezioni politiche che avevano prodotto una nuova maggioranza parlamentare, sia pure risicatissima, e un nuovo governo (il governo Prodi e dell’Unione) che non aveva alcuna responsabilità nell’approvazione di quel progetto di revisione costituzionale.
La motivazione del NO, a differenza della recente consultazione, fu allora basata esclusivamente sul quesito referendario.
Un concetto appare comunque sufficientemente condiviso tra gli elettori: i cambiamenti che riguardano le regole non possono essere fatte da una parte politica, meno che mai su impulso del governo
Rimane aperto un interrogativo sul silenzio, non dei Comitati per il NO, che hanno rivendicato orgogliosamente il successo, ma di altri soggetti protagonisti di questa battaglia contro la revisione della Costituzione, comprese la minoranza Dem e la stessa CGIL. Manca loro il coraggio o una proposta chiara da presentare a chi è in cerca di alternative convincenti?

2 Comments

  1. Tutti si chiedono come mai i giovani hanno in massa votato NO. Perché “i più colpiti dalla disoccupazione e dal crescente precariato”? Senza voler negare l’assunto (che ritrovo puntualmente su molti media), propongo una risposta alternativa: anagraficamente Renzi è più prossimo a molti ‘giovani’, e poi sembra imitarne il linguaggio, i comportamenti e i cliché, nonché l’immaginario di riferimento. Ma non è facile ‘imitare’ i giovani senza essere “sgamato”. Per esempio, chiunque abbia esperienza di insegnamento sa bene che gli studenti si accorgono prestissimo delle debolezze di un docente. Dunque, i giovani hanno decodificato meglio e più rapidamente di chiunque altro il metalinguaggio immaginifico di Renzi, valutandolo per quello che è.

  2. Cari Argonauti, cercando una spiegazione più semplice e lineare al risultato del Rreferendum, ho pensato di dividere il cento per cento degli elettori, già variamente definiti come: quelli con il male di pancia, quelli che si turano il naso, quelli dell’antipolitica, i giovani, i vecchi, gli indecisi, gli intellettuali, quelli che credevano di avere capito (e invece no), I poteri forti e anche I poteri occulti, semplificando così:
    1 – gli Opportunisti (arrivisti, calcolatori e voltagabbana), 50%
    2 – I Razionali (coerenti, leali e sinceri), 50%
    Questi, a loro volta, possono essere suddivisi in:
    1a) gli Opportunisti del SÌ
    1b) gli Opportunisti del NO
    2a) I Razionali del SÌ
    2b) I Razionali del NO
    Ogni Categoria vale (teoricamente, prima del voto)
    il 25% del Totale dei Votanti.
    Adesso cerchiamo di identificarli meglio.
    Gli Opportunisti del SÌ sono quelli, generalmente conservatori, ma all’occasione progressisti, che godono o vorrebbero godere di benefici privati nel quadro politico tracciato dal Capo in carica; tra questi possiamo annoverare la Maggioranza del PD, metà del PdL, Imprenditori, Banchieri, I Boiardi di Stato, un quarto dei Sindacati legati alla maggioranza PD, insomma tutti coloro che volevano mantenere il loro status quo, quindi la minoranza degli italiani.
    Gli Opportunisti del NO, sono quelli che “se ne fregano”, che hanno voluto abbattere il Capo in carica, a prescindere da qualsiasi coerenza politica, per poi cercare di sostituirlo pescando nel torbido; I più evidenti sono stati Grillo, Salvini, Meloni, D’Alema e una parte della Minoranza del PD, un quarto circa dei Sindacati legati alla minoranza PD e metà del PdL.
    I Razionali del Sì sono quelli politicamente intrecciati e trasversali, piuttosto informati, che hanno creduto, in buona fede, che per l’Italia e gli italiani fosse meglio dare fiducia a Renzi perché le “riforme” promesse potevano essere un passo verso la necessaria “modernizzazione” del Paese, soprattutto in prospettiva internazionale.
    I Razionali del NO, quelli, politicamente frammentati ma omogenei, di sinistra, che documentandosi, a conti fatti,, hanno giudicato le riforme promesse mal fatte,inutili e dannose per gli italiani e l’Italia.
    È ovvio che i confini tra le quattro categorie non sono sempre nettissimi, ma il risultato del referendum ci dice che gli elettori si sono divisi, per grandi linee, così:
    Opportunisti del SÌ, 20%
    Opportunisti del NO, 30%
    Razionali del SÌ, 20%
    Razionali del NO, 30%
    Un altro criterio per individuare meglio i contendenti in campo può essere quello di distinguere tra essi quelli che hanno festeggiato, quelli che si sono defilati e gli altri.
    Gli Opportunisti del NO, sono quelli che hanno festeggiato più di tutti, rumorosamente,20%;
    Gli Opportunisti del SÌ, in parte, si sono defilati,10%;
    I Razionali del SÌ,in parte si sono defilati, 10%.
    Gli altri sono I Razionali del NO, che sommessamente hanno festeggiato, 30%.
    Restano fuori classificazione il 30% degli elettori, tutti del SI, che non sapevano che fare.
    Pertanto I Razionali del NO possono contare almeno sul 30% dell’elettorato.
    Considerato che I Razionali del No costituiscono gran parte della galassia di sinistra ed estrema sinistra, possiamo affermare che esiste una buona base per andare avanti (a sinistra).

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Gli ultimi articoli - Politica