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U pirituri, questo sconosciuto

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cortile San CristoforoIn una città, come Catania, con un impianto di fognature che copre una piccola parte dell’area urbana, dove finiscono i liquami prodotti? Dove sono sempre finiti,  cioè sottoterra, direttamente, senza alcun filtraggio preventivo.
I Catanesi, fin dagli albori della loro storia, hanno scoperto che il terreno lavico su cui si fondavano le loro case era dotato di un sistema di fratture e cavità in grado di assorbire una quantità di liquidi infinita, o quasi.
Hanno allora perfezionato un sistema di smaltimento in sottosuolo che è culminato nella realizzazione del pirituri.
Il pirituri, nella sua forma migliore, è un foro di dieci centimetri di diametro, profondo al massimo alcuni metri, che attraversa la roccia lavica per sboccare in una cavità di quelle che naturalmente si formano nel corpo di una colata.
Una volta, per individuare la presenza di una cavità ci si basava sul rumore di vuoto che si percepiva colpendo la superficie della roccia. A questo punto si procedeva, con cautela, alla scassata, e cioè alla perforazione del foro strettamente necessario alla bisogna.
Oggi con l’uso delle sonde meccaniche tutto è più banale e più semplice, ma anche più grossolano. Resta il fatto che la maggior parte delle case, nobili e proletarie, singole e multiple, civili e industriali scaricano i loro liquami in sottosuolo attraverso i pirituri.
S. Cristoforo, a Catania, è un quartiere, non recente, in cui è frequente la tipologia abitativa definita “cortile – villaggio”, costituita da una schiera di case intorno ad un cortile comune lastricato con un basolato lavico lievemente pendente verso il centro dove esiste un buco, il pirituri.
Lì vengono recapitate, a vista, le acque reflue, sia piovane sia derivanti dal lavaggio delle biancherie nel lavatoio condominiale quasi sempre presente nel cortile.
Come si può leggere in alcuni resoconti di speleologi o archeologi urbani, non è raro percorrere cavità sotterranee dove la presenza di liquami è consistente.
A nord del seminario arcivescovile di Catania, in zona Novalucello, nota per la presenza di numerose e importanti cavità naturali e artificiali (ad esempio la grotta Petralia, Ciancio, Novalucello, ed altre), durante la esplorazione ricognitiva della grotta di via Cecchi, fu necessario indossare gli stivaloni.
La galleria era infatti colma di liquami provenienti dalle abitazioni sovrastanti che scaricavano i reflui attraverso un pirituri perforato nella volta di una grotta di scorrimento lavico.
Ci sono ancora persone che, da ragazzi, hanno assistito alla realizzazione di pirituri. A metà degli anni ‘60, un nostro amico ricorda lo scavo di super pirituri per un edificio in costruzione di 10 piani, in una parte oggi centrale della Città.
Partecipando dal bordo superiore dello scavo, ricorda la soddisfazione del “mastro” che aveva completato l’opera esclamando: peffetta ppò pirituri.
Questi fori tradizionali e il relativo sversamento di liquami ci hanno ‘esonerato‘ dalla costruzione di una adeguata rete fognaria.
Anche perchè nel sottosuolo di Catania circola molta acqua che defluisce a mare diluendo i liquami, e anche molta aria che favorisce la ossidazione e attenua gli odori.
Ma davvero possiamo considerarci autorizzati a continuare così?
Sporchiamo infatti il sottosuolo e oggi l’inquinamento è di certo maggiore che in passato, per le diverse quantità e qualità dei reflui.
Considerato poi che in questo sottosuolo passano anche i tubi dell’acqua potabile, che sono spesso non a tenuta, non rischiamo di inquinare anche le acque ‘bianche’?

2 Comments

  1. Bianco ed i suoi degni compagni sindaci di altro colore, dovrebbero rispendere anche di questo.

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