Etna, perchè non bastano le proposte di buon senso

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L’ennesimo convegno sul Parco dell’Etna è stato promosso lo scorso 13 aprile, a Nicolosi, da Gianina Ciancio del Movimento 5 stelle. E ancora una volta ci siamo preparati ad ascoltare proposte che forse rimarranno lettera morta.

L’Etna trema, fuma e tuona scagliando cenere e lapilli nel cielo siciliano, ma nulla sembra scuotere l’indifferenza di un popolo e dei suoi rappresentanti, abili a maneggiare fiumi di parole che quasi mai si traducono in azioni concrete.

Eppure, se dobbiamo a lei, a muntagna, rovine e devastazioni, ne riceviamo anche una terra incredibilmente fertile, un clima più fresco e ricco d’acque, e bellezze naturali che attirano qui i turisti di tutto il mondo.

L’Unesco ha dichiarato l’Etna patrimonio dell’umanità nel 2013, ma sembra che pochi di noi, che viviamo sui suoi pendii, se ne siano accorti.

In quanto al Parco Regionale istituito il 17 marzo del 1987 a protezione di 59.000 ettari di terre, è avvertito quasi come un fastidio che affligge con i suoi mille cavilli burocratici.

Tra i relatori invitati da Ciancio a parlare del Parco vi erano competenti vulcanologi, geologi, ingegneri e giornalisti appassionati.

Ma, oltre ai discorsi più prettamente tecnici, per lo più le richieste avanzate da chi da anni si occupa con amore dell’Etna si possono collocare nell’ambito del puro e semplice buon senso.

Innanzitutto è stata sollecitata la nomina di un Presidente del Parco che metta fine ad un commissariamento che dura ormai da ben 14 mesi.

Si è poi chiesto a gran voce, e del resto se ne parla da anni, anzi è stato costituito un apposito comitato a questo proposito, Etnalibera, di potere avere finalmente accesso alle quote sommitali fin qui vietate e blindatissime per ragioni di pubblica sicurezza.

Si è poi invocato un accordo tra i sette comuni del parco per tenere pulito il territorio, e si è naturalmente discusso della promozione di un turismo responsabile, magari realizzando aree attrezzate, aprendo rifugi, inaugurando musei naturali ed aree faunistiche.

Ovviamente tenendo presente l’importanza di una manutenzione della sentieristica, corredata da cartelli informativi e segnalazioni adeguate.

Non si è quasi parlato di soldi, conoscendo bene le ristrettezze economiche in cui versa il Parco, che pure aspetta dalla sua nascita i 70 guardiaparco che avrebbero avuto il compito di affiancare la guardia forestale nella tutela dei terreni, nella pulizia dei boschi demaniali, nel contrasto alle numerosissime micro discariche che spuntano dovunque come funghi, nella lotta alle costruzioni abusive e agli atti di vandalismo di cui purtroppo le cronache ci informano di frequente.

A questo proposito si è proposto di istituire, con una modifica alla legge sul volontariato che possa contemplare non solo associazioni ma anche i singoli individui, corpi di Guardie ecologiche volontarie.

Ad un certo punto, per disperazione, c’è chi si è spinto persino a ipotizzare di togliere il Parco alla Regione e farlo diventare nazionale, nella speranza di avere tutele maggiori.

Ancora una volta si è sottolineata la necessità di acquistare o espropriare i terreni privati sui quali sorge la funivia Etna sud che garantisce guadagni colossali ad un’unica famiglia, i Russo Morosoli, che da oltre 20 anni gestiscono in regime monopolistico il settore delle escursioni nei versanti Nord e Sud dell’Etna, già coinvolti nel 2018 nell’inchiesta Aetna della procura di Catania sugli appalti per le escursioni.

Naturalmente grida indignate si sono levate contro la proposta di due deputati etnei, Giuseppe Zitelli, appartenente alla corrente del presidente della regione Musumeci, e Giovanni Bulla del gruppo UDC, di riperimetrare il parco, sottraendogli 25.000 ettari di zona protetta per convertirli in “Area di promozione turistica”.

Immaginiamo a questo punto enormi alberghi, forse parchi di divertimenti ed altre amenità del genere, e si potrebbe fare della facile ironia sul fatto che un deputato reo di aver presentato il menzionato disegno di legge appartenga al gruppo “Diventerà bellissima”.

Purtroppo tra lotte di potere politico, interessi privati, amministrazioni distratte e poco collaborative tra di loro, a farne le spese è l’Etna ed il suo ambiente bellissimo ma degradato, insufficientemente protetto e quasi per nulla valorizzato.

Ma qui, più che una rivoluzione politica, ci vorrebbe un cambiamento culturale e, come pregavano costernati su un giornale locale certi turisti del nord Italia, capitati durante le loro escursioni in mezzo ad immondizie di ogni tipo, ci vorrebbe un po’ più d’amore, nei confronti in primo luogo di noi stessi e poi della terra così bella e così maltrattata che abbiamo avuto in sorte d’abitare.

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