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Briganti di Librino, pronti a ripartire

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Ad aprile, durante il cosiddetto lockdown, nuova intrusione nella Club House dei Briganti di Librino. Ne parliamo con Piero Mancuso, uno dei fondatori e adesso tra gli allenatori dei Briganti.

Dall’inizio dell’emergenza, anche voi avete bloccato ogni attività. Che valore dai a quest’ultimo episodio?

Purtroppo il fermo di ogni attività ha avuto tutta una serie di conseguenze negative, alcune immediatamente percepibili, come appunto l’aver dovuto chiudere l’impianto ed il perdere il contatto giornaliero con i ragazzi e con la comunità che si riunisce attorno alle attività che si tengono in Club House, altre che affronteremo nei prossimi mesi, man mano che verranno a galla. Mi riferisco in primis ad una crisi economica e sociale che sta colpendo un territorio già molto in difficoltà prima della crisi sanitaria. In quest’ottica leggiamo anche l’intrusione ed il furto subito qualche giorno fa, che a quanto pare fa il paio con un tentativo andato a vuoto in un altro spazio d’aggregazione momentaneamente chiuso, il Talita Kum di viale Moncada. In tale contesto questo episodio più probabilmente è legato alla crisi incombente piuttosto che ad un atto vandalico oppure ostile nei confronti delle attività del Campo San Teodoro Liberato.

“La nostra Club House non esiste più. Un incendio doloso appiccato l’ha completamente distrutta. Sono andati perduti dieci anni di ricordi, trofei, l’intero patrimonio della “Librineria”, tantissimi cimeli accumulati in questi anni, il materiale tecnico e medicale, la cucina, tutto, tutto distrutto dall’incendio”, così scrivevate nel gennaio 2018. Come rispose la Città in quel caso?

La risposta seguita all’attentato del 2018 fu qualcosa di inaspettato e straordinario. Si susseguirono per mesi iniziative in tutta Italia che sostennero la costruzione della nuova Club House. Non ci stancheremo mai di ringraziare le migliaia di persone, associazioni, organizzazioni che materialmente contribuirono e che c’invitarono per ascoltare la storia di questo progetto di periferia.

Briganti significa innanzitutto rugby, l’amministrazione comunale, a partire dal rifacimento del campo, vi ha messo in condizione di proseguire il vostro lavoro, al contempo sportivo e sociale?

Purtroppo l’amministrazione comunale non ha alcun interesse al nostro progetto, e ne resta al massimo spettatrice, evitando qualsiasi forma di coinvolgimento. Anzi quando interviene combina solo disastri, come racconta la storia del rifacimento del campo di gioco, progetto finanziato con un fondo europeo ma gestito dal comune di Catania, che ha preso avvio a settembre scorso, ma che si è fermato dopo due giorni di lavoro, il tempo necessario per rendere inagibile il campo da gioco, rendendo la stagione sportiva un inferno ben prima dell’epidemia da coronavirus.

Il lavoro con ragazze e ragazzi, gli orti di quartiere, si può fare un bilancio delle attività “dal basso” per disegnare un altro Librino?

Da sempre noi sosteniamo che il nostro è un progetto che potrebbe essere “spunto” proprio per gli enti pubblici. Al Campo San Teodoro convivono in modo integrato tre interventi, uno sportivo attraverso i briganti rugby, uno educativo con la Librineria ed uno di agricoltura sociale con il Santeod’orto, con oltre 60 lotti di terreno coltivati da abitanti del quartiere che così provvedono, in buona parte, ai propri fabbisogni familiari di prodotti. Ed è il senso di comunità, sempre in progress, il risultato più sorprendente di questa esperienza che, rivisitata ed adattata anche ad altri contesti, siamo convinti potrebbe essere ulteriormente valorizzata con l’intervento degli enti pubblici. Ma ci vuole pazienza, competenza ed una buona dote di illuminata visione strategica di quello che è lo sviluppo integrato di un territorio.

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