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Nuovi Uffici Giudiziari, il progetto di ristrutturazione che pagheremo a vuoto

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Demoizione Palazzo delle PosteLa costruzione di un palazzo di giustizia a Catania sembra sottostare ad un qualche strano sortilegio.

Per quello attualmente in servizio in piazza Verga ci sono voluti ‘solo’ 16 anni (dal 1937 al 1953), ma quello prossimo venturo ha già stracciato questo record, e senza che ci sia stata di mezzo una guerra

L’ex Palazzaccio delle poste fu acquistato alla fine degli anni ’90 dal Comune, con fondi del Ministero della Giustizia, per farci gli Uffici Giudiziari; dopo trenta anni siamo solo al primo atto, quello dell’abbattimento in vista di una ricostruzione ex novo.

Adesso il teatrino che gira intorno alla nuova sede degli Uffici Giudiziari si arricchisce di un nuovo atto, imprevisto e sconosciuto ai più: un progetto definitivo di ristrutturazione dell’ex Palazzo delle Poste era già pronto più di dieci anni fa. Da non crederci.

Ad approvare il progetto preliminare fu, nel 2001, la prima Giunta Scapagnini. Si giunse poi, nel 2006, durante il secondo mandato di Scapagnini, alla aggiudicazione, a seguito di un’asta pubblica e alla firma di un contratto con cui si affidava la progettazione definitiva ed esecutiva, la direzione lavori e il coordinamento per la sicurezza, stabilendo anche i relativi tempi di attuazione.

A raccontare questa storia nei suoi dettagli è la SAIR – Gruppo Europeo di Architettura Urbanistica ed Ingegneria – GEIE, la società che ha ricevuto l’incarico e che lo ha eseguito fino alla soglia della progettazione esecutiva.

Dopo 15 anni, nel 2016, scrive agli interlocutori istituzionali (Ministero della Giustizia, Tribunale di Catania, Assessorati regionali, Sindaco) per chiedere il pagamento degli onorari e ricostruisce le tappe degli incarichi ricevuti e del lavoro svolto, compresa la richiesta, prontamente soddisfatta, di redigere un progetto stralcio di cinque milioni, avanzata dalla Giunta Stancanelli, “in considerazione di una sopravvenuta parziale disponibilità da parte del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti”.

Se ne deduce che le varie amministrazioni hanno portato avanti l’obiettivo di ristrutturare integralmente il vecchio edificio delle Poste, rendendolo antisismico e adeguandolo alle esigenze della nuova destinazione, con molta approssimazione, senza avere adeguata contezza di quanto quest’operazione sarebbe costata e senza sapere come sarebbe stata finanziata.

Ha avuto in questo iter il supporto del Tribunale di Catania che, con la propria “Commissione valutazione immobili”, ha analizzato via via il progetto richiedendo modifiche che lo rendessero più adeguato alle esigenze giudiziarie. Si nota, ad esempio, la richiesta di ampliare lo spazio da adibire ad archivi, intervento – come altri – che richiedeva un aumento della volumetria e faceva lievitare la spesa. Dagli iniziali 25 milioni di euro si arrivò così ad un costo complessivo finale di 42 milioni di euro (32 per il lavori, più iva e oneri vari).

Ma i soldi non c’erano. Quando, nel novembre 2009, il Rup Nunzio Pastura, valida il progetto definitivo, lo fa “in vista dell’attivazione dei finanziamenti presso il Ministero di Giustizia e la Regione Siciliana.”

La stessa società SAIR, come scrive il suo responsabile legale, ha collaborato “con gli Uffici Comunali alla stesura di documenti finalizzati a reperire le somme necessarie, attraverso bandi regionali ed europei”, ma – sebbene il progetto sia stato sempre inserito nel programma triennale delle opere pubbliche – la situazione rimase bloccata e il progetto venne abbandonato.

La società, non avendo ottenuto il pagamento del lavoro di progettazione, ha tutt’ora in corso una interlocuzione con il Comune e spera di giungere ad una soluzione senza adire alle vie legali, anche considerando che la dichiarazione di dissesto finanziario ha reso ancora più problematica la riscossione delle somme.

Al di là di come si concluderà la trattativa tra Comune debitore e società creditrice e quindi al di là della cifra che, come cittadini, dovremo sborsare per l’inutile progetto realizzato, questa vicenda pone diversi ulteriori interrogativi.

Con quale criterio è stato scelto l’ex Palazzo delle Poste come sede degli Uffici Giudiziari? Era una scelta realmente vantaggiosa per la città in termini di localizzazione, traffico conseguente, disponibilità di parcheggi, possibilità eventuali di ampliamento?

E’ stata preventivamente verificata la sua legittimità dal punto di vista urbanistico?

Perchè l’abbandono della ipotesi di ristrutturazione, per procedere invece alla demolizione e ricostruzione ex novo, è avvenuto nelle ‘segrete stanze’, senza un dibattito ampio e partecipato?

Ed eccoci dunque alla domanda fondamentale: perchè la città non è stata coinvolta nelle decisioni che la riguardavano, sebbene appartenga ai cittadini il potere esclusivo di pianificazione? Al Consiglio Comunale, e a nessun altro, spettano infatti le scelte sulla localizzazione di enti ed istituzioni pubbliche della città, ma non sembra davvero che le cose siano andate così, almeno sinora.

3 Comments

  1. Nulla da meravigliarsi in una Catania allo schifo politico e gestionale. Resta solo confermata la fiducia nella Magistratura che individui e punisca i nascosti responsabili di questo gravissimo danno urbanistico, sociale ed economico finora a lungo perpetrato.

  2. A proposito di Magistratura , tengo a sottolineare che la progettazione dell’opera pubblica destinata sede parziale delle attività giudiziarie è stata firmata anche dai magistrati delegati a firmare per la destinazione degli immobili a sedi giudiziarie.Se quindi di responsabilità bisogna parlare è anche la Magistratura responsabile di questo ennesimo torto che sta subendo la città.

  3. Cara e stimata Lina,
    quei Magistrati firmatari la destinazione, sono stati i primi ad essere stati imbrogliati sulle correttezze di fattibilità, utilità e rispetto viario di una simile devastante nuova sede giudiziaria in pieno fronte mare. La Tua fiducia nella Magistratura non è mai venuta meno nel passato con i tanti tuoi rilievi e critiche su Catania, non viene meno adesso come qualcuno potrebbe pensare e non potrà mai venire meno, come ne siamo certi.

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