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Nonostante la condanna, Pogliese torna a fare il sindaco

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E’ vero, è di nuovo primo cittadino, ma non perché la condanna per peculato subita in primo grado (4 anni e tre mesi di reclusione e interdizione dai pubblici uffici) sia stata ribaltata da un successivo grado di giudizio. Nè perché sia stata conclamata la sua innocenza.

Pogliese torna a ricoprire la carica solo in attesa che, come stabilito dal Tribunale civile su istanza dei suoi legali, la Corte Costituzionale si esprima non sul suo reato ma sulla sospensione decisa in base alla cosiddetta legge Severino (n.190 del 2012).

Se la legge Severino (o una parte) fosse dichiarata incostituzionale, infatti, verrebbe meno la possibilità di sospendere dalla carica gli amministratori condannati in primo grado per gravi reati contro la pubblica amministrazione.

Non vogliamo soffermarci sulle contraddizioni di chi oggi contesta la legittimità di questa legge dopo averla approvata in Parlamento, come fece a suo tempo il partito del cui gruppo dirigente faceva parte lo stesso Pogliese.

Preferiamo riflettere sullo spirito di questa legge, vale a dire sul diritto dei cittadini ad avere un sindaco che sia al di sopra, non al di sotto, di ogni sospetto. Ed un sindaco condannato, sia pure in primo grado, al di sopra di ogni sospetto non può certo essere considerato.

In sostanza, in attesa che la Corte si pronunci, Catania sarà governata da un primo cittadino su cui continua a pesare una condanna decisamente grave per un amministratore pubblico, visto che parliamo di peculato, cioè di appropriazione indebita di denaro pubblico.

Non sappiamo se questa condanna verrà confermata nei successivi gradi di giudizio e, conoscendo il dettato costituzionale, siamo consapevoli che un cittadino condannato in primo grado, anche se ricopre una carica pubblica, ha il diritto di ritenersi penalmente innocente (o più correttamente, non colpevole) fino all’emanazione di una sentenza definitiva.

Ma bisogna anche discernere tra questioni legali e scelte “personali”, comportamenti opportuni.

Pogliese ha più volte dichiarato “amore per Catania”: è convinto che alla Città, nelle complicate condizioni in cui si trova, sia utile la guida di un sindaco dimezzato/temporaneo?

Serve a Catania, come fa la maggioranza dei media locali, concentrare le riflessioni sulla eventuale incostituzionalità di una parte della legge 190, finalizzata a prevenire la corruzione nella pubblica amministrazione, piuttosto che ragionare sulle evidenti contraddizioni di un primo cittadino che, data la situazione, non potrà concentrarsi sui problemi amministrativi?

Non c’è chi non veda il progressivo degrado della Città, non tutto, evidentemente, colpa dell’attuale giunta di governo, ma questa amministrazione, guidata da questo sindaco, non ci pare assolutamente in grado di rispondere a una tale emergenza.

Municipio CataniaChiediamo quindi al sindaco un vero atto di amore per la Città: le dimissioni. Come indirettamente fa, con una lettera aperta, anche Enzo Guarnera, noto avvocato penalista, che si sofferma soprattutto sul versante etico della questione.

Ecco la lettera aperta indirizzata al sindaco da Enzo Guarnera

Mentre sono in corso anomali e assolutamente inopportuni festeggiamenti per il tuo momentaneo rientro sulla poltrona di sindaco, desidero ricordarti l’art.54 della Costituzione Italiana: “Tutti i cittadini hanno il DOVERE di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi. I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con DISCIPLINA ED ONORE, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge“.

Andiamo con ordine. Una Procura, un Gip e un Tribunale hanno ritenuto che tu abbia commesso il reato di peculato mentre eri deputato regionale. E, con sentenza di primo grado, sei stato condannato ad una pena di circa 4 anni di reclusione, con interdizione dai pubblici uffici.

Non conosco gli atti e pertanto non esprimo alcun valutazione in merito. Ci sarà un processo di Appello, ed eventualmente anche uno in Cassazione. Solo allora sapremo se sei colpevole o innocente in via definitiva.

In virtù della c.d.legge Severino, approvata in Parlamento anche con i voti del centrodestra, al quale tu aderisce, sei stato sospeso dalla carica di sindaco.

Hai impugnato tale sospensione, ritenendo che la legge Severino abbia aspetti di incostituzionalità. Il Tribunale civile ha accolto tale tesi rimettendo la questione alla Corte Costituzionale.

Nel frattempo la tua sospensione è venuta meno e sei tornato a fare il sindaco. Questa, in estrema sintesi, credo sia la questione sotto il profilo giuridico.

Ma esiste anche un altro profilo, sul quale intendo soffermarmi. È quello che io definisco ETICA PUBBLICA.

Torno all’art.54 della Costituzione: La fedeltà della quale si parla significa rispetto di lealtà verso le istituzioni dello Stato. La disciplina vuol dire rispetto del complesso di norme che regolano i componenti di una comunità. L’ onore significa consapevolezza dei propri doveri e di un comportamento morale e civile ineccepibile, senza ombre e sospetti.

Significa dovere di lealtà, di rettitudine, e di coerenza con gli impegni assunti quando si è prestato giuramento. Significa godere di unanime stima e rispettabilità.

Detto questo, non vi è alcun dubbio che sul piano strettamente giuridico sei tornato in modo legittimo a fare il sindaco di Catania, ma sul piano ETICO ritengo di no.

Pesa comunque una grave condanna di primo grado, che offusca tutti quei requisiti previsti dall’art.54 della Costituzione. E i due piani non sono sovrapponibili.

Se fosse capitato a me mi sarei dimesso il giorno stesso della sentenza di condanna del Tribunale. Ma abbiamo sensibilità etiche molto diverse, e una diversa idea del rispetto che bisogna portare ai cittadini di questa città.

Sono certo che questa lettera, qualora la dovessi leggere, la riterrai carta straccia. Ma sentivo il dovere di scriverla. Ne va dei valori nei quali ho sempre creduto e della mia dignità di uomo e di cittadino.

1 Comments

  1. sono contenta se la difesa di Pogliese ha ottenuto di accedere alla Corte Costituzionale per verificare la bontà delle eccezioni frapposte nel giudizio che riguarda proprio Pogliese. Piuttosto mi indigna il fatto che proprio a Catania una diversa sezione del Tribunale non capisce il valore dell’eccezkone di incostituzionalità delle norme che regolano le aste giudiziarie. Il campo è diverso e l’interesse a mantenere le norme attuali riguarda tanti bei soggetti benestanti che privi di scrupoli acquistano alle aste giudiziarie bene immobili per pochi spiccioli. I poveri vengono depredati sotto gli occhi di magistrati ignoranti. La Corte Costituzionale deve rileggere le norme processuali denunciate e controllare se la concorrenza sleale originata proprio dalle aste con il ribasso di un quarto del prezzo per volta non sia la fonte di una ingiusta espropriazione che diventa estorsione e furto a danno degli inermi. Ecco perchè mi indigna il comportamento dei giudici della sesta sezione del tribunale di Catania che sono stati investiti della decisione. Spero solo che il Parlamento ed il Ministro Cartabia intervengano.

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