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Nesima "sarà bellissima" senza verde e paesaggio, solo cemento

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Gli uffici decentrati regionali sorgeranno, a Catania, nel terreno di proprietà comunale di Nesima Superiore, sulle sciare della colata lavica del 1669, da tempo difese da studiosi e associazioni ambientaliste anche in vista della creazione di un parco vulcanico speleologico.

L’area individuata si trova a pochi metri dalla piscina e dal palasport realizzati per le Universiadi del 1997, oggi in stato di abbandono, e si tratta di “terreni destinati a verde e con un vincolo di tutela” che, a dire dell’assessore all’Urbanistica Enrico Trantino, “non impedisce l’edificabilità”.

Le spese per il Centro sarebbero sostenute dalla Regione, quindi il Comune ha buon gioco nel dire che l’opera non costerebbe nulla anzi, in cambio della cessione del terreno, il Comune otterrebbe gratis le opere di urbanizzazione (strade, parcheggi, illuminazione, etc).

Opere che, però, non sarebbero realizzate – come viene fatto intendere – per gentile concessione, ma per un obbligo imposto dalla legge. In questo caso, tuttavia, sarebbero utili solo all’intervento stesso, a meno che non ci sia in programma una lottizzazione delle aree adiacenti.

Forse su questa cessione del terreno, un bene pubblico di proprietà del Comune, la Corte dei Conti potrebbe avere qualcosa da dire, ma di problemi ce sono anche altri, e non secondari.

Innanzi tutto nella cessione deve essere coinvolto il Consiglio Comunale, che deve dare l’ok all’alienazione di un bene ritenuto non utile, e bisognerà spiegare ai cittadini come si possa considerare inutile un ampio terreno destinato a verde pubblico in una città in cui è indubbia la carenza di spazi verdi.

C’è poi l’eventualità che l’assegnazione/vendita dell’area debba essere fatta a seguito di una procedura di evidenza pubblica nella quale qualcun altro potrebbe offrire di più.

Quanto al problema dei vincoli e delle tutele, al contrario di quanto affermato da Trantino, l’area – essendo destinata a verde pubblico – non è edificabile, a meno di non trovare altre aree sostitutive da destinare a verde, perché ci sono da rispettare gli standard urbanistici che prevedono una certa estensione cittadina di verde pubblico in rapporto al numero di abitanti.

Vero è che stiamo assistendo a continue forzature dei vincoli posti dal Piano Regolatore e non ci stupirebbe che venissero trovate scappatoie, come ad esempio è avvenuto per gli Uffici Giudiziari di viale Africa per i quali i limiti imposti dalla pianificazione cittadina sono stati ‘superati’ facendo ricorso alla procedura prevista per le opere di interesse sovracomunale.

Questo caso, però, ha delle caratteristiche particolari.

Innanzi tutto la presenza della colata lavica del 1669, considerata un bene la cui tutela viene chiesta almeno dall’inizio degli anni 80. Ma c’è di più, perché la tutela e la non edificabilità di quest’area sono previste nel Piano Paesaggistico che è in itinere. Pubblicato per le osservazioni alla fine del 2019, è in attesa – almeno dalla metà del 2020 – di essere inviato per l’approvazione all’Assessorato dei Beni Culturale e Ambientali.

Se il progetto ventilato da Musumeci andasse in porto, accadrebbe che una istituzione importante come la Soprintendenza (e conseguentemente il suo Assessorato) sarebbe costretta a fare marcia indietro togliendo un vincolo che essa stessa ha proposto nel Piano Paesaggistico.

Qualora ciò avvenisse, avremmo un importante precedente di deroga che legittimerebbe qualunque richiesta di “dissoluzione” di altri vincoli previsti, sancendo l’inefficacia delle leggi di tutela e dello stesso Piano Paesaggistico e la inutilità della Soprintendenza.

Perchè non cercare allora un altro sito dove realizzare questo centro direzionale, presentato come necessario ed indispensabile?

C’è, a portata di mano, una alternativa concreta e praticabile, utilizzare l’area di proprietà comunale già destinata a centro direzionale a Librino. Una scelta che contribuirebbe a risolvere il nodo dell’integrazione di questo quartiere alla città, una questione sempre posta (forse anche con un po’ di ipocrisia) ma mai affrontata seriamente.

La vicinanza all’asse attrezzato risponderebbe alla esigenza di avere facili collegamenti al resto della città e ai comuni della provincia, come è avvenuto con l’ospedale San Marco, che ormai sappiamo essere facilmente raggiungibile e che ha un bacino di utenza di tipo generale, ben più ampio di quello specifico di questi uffici. Tra qualche anno, forse prima che sia ultimato il centro direzionale della Regione, quell’area sarà raggiunta anche dalla metropolitana.

Collocando il centro direzionale a Librino prenderemmo, quindi, quattro piccioni con una fava: la salvaguardia della colata lavica, il rispetto delle norme urbanistiche, un “salvamento di faccia” della Soprintendenza e un notevole vantaggio per Librino dove è richiesta da tempo la presenza di uffici pubblici come segno della presenza dello Stato.



1 Comment

  1. da uno scambio di vedute sulla mostruosità della Torre di Ognina , ho avuto la netta sensazione che a Catania sono calati i BARBARI. Sono giovani architetti votati alla realizzazione di strutture che possono avvicinare Catania a Dubai.Sono rampanti e presuntuosi e sognano di stravolgere i nostri territori.Sono piccoli allievi ed imitatori di Piano e Cucinella , ( il primo ha suggerito il rammendo delle periferie) e vorrebbero fare il verde verticale. Polemizzare con questa gente è perfettamente inutile. Si può solo contestare sul piano della legalità i mostri che vorrebbero realizzare. Godono dell’appoggio di tecnici che siedono al Comune e alla sovraintendenza. Il Genio Civile è momentaneamente in castigo per via degli illeciti emersi nel corso di verifiche della GF. Il silenzio stampa prelude a qualche manovra tipo Razza. Comunque staremo a vedere. I Barbari non avranno vita facile.

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