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Bologna, video inchieste per raccontare la mafia

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Un acronimo ma anche un simbolo, quello di FILI, il Festival dell’Informazione Libera e dell’Impegno, rappresentato da un gomitolo in cui si avvolgono un gran numero di fili che rendono visivamente la complessità della lotta alla mafia.

Il festival, organizzato da Libera Bologna e da Libera Informazione, è giunto alla sua sesta edizione, e quest’anno avrà luogo, sempre a Bologna, dal 9 all’11 dicembre.

Ne ha parlato, qualche giorno fa, Giulia Carati, studentessa universitaria di Libera, dialogando con Luca Gulisano nel format Mezz’ora con” dell’Associazione Memoria e Futuro.

“Dobbiamo prendere coscienza che la mafia è un fenomeno che riguarda anche Bologna”, esordisce “come dimostrano i beni confiscati in città e il clima di paura emerso in seguito all’arresto di Ciro Cuomo e poi del figlio Danilo”, accusati rispettivamente di reati economici (ricettazione, autoriclicaggio, bancarotta fraudolenta) e di spaccio di droga, commessi utilizzando il metodo mafioso delle minacce e delle intimidazioni.

Questo clima e gli atti persecutori che lo hanno determinato è stato raccontato da Libera Bologna in una video-inchiesta che – come racconta Giulia – ha raccolto varie testimonianze di cittadini, in gran parte commercianti, alcuni dei quali hanno voluto conservare l’anonimato.

Anche nel corso del Festival FILI di quest’anno sarà dato spazio allo strumento delle video-inchieste che si è dimostrato più efficace, ai fini della partecipazione e del coinvolgimento dei cittadini, dei dossier cartacei.

La prima video-inchiesta sarà appunto dedicata a via Saffi, la zona della città in cui si trovano le attività (bar, ristorante, rosticceria…) di Ciro Cuomo, ora sequestrate e gestite da un amministratore giudiziario, e dove costui aveva creato l’atmosfera di omertà e paura che – aggiunge Giulia – è presente ormai anche in altre zone della città.

Del polo logistico Interporto si occupa la seconda video-inchiesta che vuole mettere in luce la situazione critica in cui vivono circa 5000 lavoratori, molti dei quali stranieri, sfruttati e privi di servizi, di cui si sta occupando anche un tavolo sulla logistica etica, creato dal Comune dopo la morte sul lavoro del giovane Yaya Yafa, a cui partecipa anche Libera.

Una terza video-inchiesta ha come tema la musica neomelodica ed i messaggi che istigano alla violenza ed esaltano i valori tipici delle mafie. L’inchiesta è estesa anche alle relative case discografiche e ai loro legami con la criminalità organizzata. L’argomento è molto serio e scottante perché coinvolge soprattutto i giovani, in particolare quelli che vivono in situazioni di disagio sociale su cui la prospettiva del denato facile e del potere esercitato con la violenza fanno maggiormente breccia.

Si tratta di inchieste che – sottolinea Giulia – contribuiscono a “costruire la storia della nostra città, che è anche questo e noi non possiamo fare finta che non sia così”.

Questa narrazione collettiva ha anche lo scopo di sensibilizzare la cittadinanza perché impari a “riconoscere le mafie” dentro l’autonarrazione che esse fanno di sé sui social, nei fim, in tv, nelle canzoni.

Sono soprattutto i più giovani che hanno bisogno di essere aiutati a cogliere questi messaggi “nascosti”, quei giovani con cui Chiara e altri volontari di Libera dialogano andando a fare formazione nelle scuole.

“Molti dei ragazzi che incontriamo nelle scuole non sanno più chi fossero Falcone e Borsellino, ma dimostrano interesse e voglia di partecipare, vogliono sapere ‘cosa c’è’ nel nostro territorio e cosa possono fare” racconta.

Vengono coivolti maggiormente se si individuano i collegamenti con le tematiche a cui sono più sensibili, come l’ambiente. “Ecco perché parliamo, ad esempio, di ecomafie. E riteniamo che comunque – conclude – resti ben impresso in loro il messaggio della giustizia sociale.”

Ascolta l’intervista a Giulia Carati

1 Comments

  1. “Cento occhi su Catania” a ben ragione sono anche occhi sulla rete della e delle Mafie. Ho assistito imbarazzata, qualche tempo addietro ad una video-inchiesta mini che metteva in luce la totale non-conoscenza da parte degli adolescenti contemporanei di Falcone e di Borsellino. Poiché se ne parla e se ne scrive e se ne celebra di continuo in modo martellante, mi chiedo come facciano gli adolescenti e i post-adolescenti a non essere raggiunti dall’eco dei loro nomi e della loro e nostra tragedia. Rifletterei sul rapporto fra quella fascia d’età e l’informazione: mia nipote è adolescente e sa benissimo chi sono i magistrati vittime della criminalità organizzata. E allora si tratta di informazione in famiglia? Ognuno di noi- mi chiedo spesso- potrebbe spendersi poco alla volta per guadagnare più persone adulte o poco meno che adulte ad accedere a fonti di informazione che sono praticate, ahimè, da chi è già convinto. Nel mio piccolo, cerco di adoperarmi in questa modesta forma di volontariato. Sempre più interessante il lavoro di Lucia Annunziata.

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