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Progetto accoglienza per i senza dimora, come sono stati spesi i soldi?

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Non è solo questione di umanità, anzi di mancanza di umanità. Dietro lo sgombero dei senza tetto da piazza della Repubblica dello scorso 17 marzo 2022, c’è di più.

Ci sono delle strutture per l’accoglienza dei senza dimora che avebbero già dovuto essere attive. Ci sono soldi pubblici stanziati ad hoc, su cui è mancata la trasparenza.

Sta cercando di fare luce su questa situazione il gruppo catanese di Rifondazione Comunista, che in data 12 aprile, ha presentato in Procura una denuncia redatta dall’avvocato Enzo Faraone che ritiene di aver individuato in quell’azione di sgombero profili penali che saranno valutati dalla magistratura. Nella stessa data Simona Suriano, che ha lasciato il Movimento 5 Stelle per fondare con altre colleghe il gruppo parlamentare ManifestA, collegato anche a Rifondazione Comunista, ha annunciato la presentazione di una interpellanza ai ministri dell’Interno e delle Politiche Sociali sulle modalità con cui è stato effettuato lo sgombero dei senza tetto a Catania.

Ma forse l’attività più significativa svolta dal gruppo catanese di Rifondazione è quella che riguarda la trasparenza dei provvedimenti assunti dall’Amministrazione per fronteggiare il problema dei senza tetto.

Sul servizio di accoglienza per i senza dimora era stata indetta, nel 2019, una gara di appalto di cui, sul sito del Comune, era stato pubblicato solo il provvedimento, senza allegati. Per conoscerne i contenuti, soprattutto il capitolato e il disciplinare, il gruppo ha avanzato una richiesta di accesso agli atti.

Trascorsi i trenta giorni concessi all’ente per la risposta, i richiedenti hanno denunciato il silenzio dell’amministrazione alla responsabile della trasparenza e hanno ottenuto finalmente gli atti richiesti, che – da qualche giorno – sono stati anche pubblicati sul sito, divenendo così accessibili a tutti.

Dal Capitolato apprendiamo che l’importo a base d’asta è di 137 mila euro per 12 mesi, per l’affidamento del “Servizio di Accoglienza h24 presa in carico e sostegno psicologico ai Senza Dimora”, con i costi di gestione delle strutture a carico del Comune.

Le strutture indicate sono due immobili ‘requisiti’ alla mafia, uno in via Delpino e l’altro in via La Marmora (segnalati nel documento senza che indicarne il numero civico), entrambi assegnati alla Direzione Famiglia e Politiche Sociali del Comune di Catania.

La struttura di via Delpino, in passato assegnata al Centro Astalli e più volte ristrutturata, solo di recente, il 28 aprile 2022, è stata completata e inaugurata con il nome ‘La Meta’, anche se non è ancora in funzione la navetta che dovrebbe assicurarne il collegamento con il centro città.

Del bene di via La Marmora si parla – nel capitolato – come di una struttura già disponibile, “gestita da enti ed associazioni aderenti al Presidio leggero”.

Nessuna di queste due strutture era disponibile al momento dello sgombero di marzo? Di certo non la sede di via Delpino, inaugurata ad aprile. Avrebbe dovuto essere fruibile almeno quella di via La Marmora, che non è stata nemmeno citata dall’assessore Lombardo (ora dimessosi ma allora in carica) come possibile luogo di accoglienza per i senza tetto sgomberati. Altri centri di accoglienza, citati dall’assessore (da via Stazzone alla Locanda del Samaritano) sono poi risultati occupati.

Eppure la gara di cui ci stiamo occupando, al momento dello sgombero, era già stata aggiudicata da più di sette mesi, nel luglio 2021, a Fondazione Èbbene e Croce Rossa Italiana. Cosa è stato fatto in questi sette mesi? Cosa si sta facendo adesso? Perchè si è accumulato questo ritardo?

Non dimentichiamo che il progetto ha la durata di 12 mesi. Con la gara aggiudicata nel luglio del 2021, se il progetto è partito subito, dovrebbe concludersi nel luglio 2022, vale a dire tra poco più di due mesi.

Nel caso che ci siano stati dei ritardi giustificati, dovrebbero essere resi noti, tanto più che è previsto che l’aggiudicatario fornisca, ogni mese, una dettagliata relazione sulle attività svolte.

La città deve sapere. Lo ha affermato Cinzia Colajanni, che si è occupata della procedura di accesso agli atti portata avanti da Rifondazione, a conclusione della intervista pubblicata su LiveSicilia: “pensiamo che la città debba essere informata su cosa fanno gli operatori ai quali si consegna il denaro pubblico”.

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