Roma, il corteo scippato

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Riceviamo, e pubblichiamo, la testimonianza di uno studente liceale catanese presente al corteo di Roma
Gli “Indignati”. Una mobilitazione internazione. Qualcosa in cui credere e per cui lottare, ovvero la ragione che per la prima volta nella mia vita mi ha portato a Roma, in mezzo a un corteo di centinaia di migliaia di persone.
Così sono partito insieme ai ragazzi del Movimento Studentesco Catanese con il pullman dell’Officina Rebelde, l’unico organizzato nella provincia etnea.
Arrivati a Roma ci siamo spostati verso Piazzale Aldo Moro, nei pressi della città universitaria, dove abbiamo atteso fino alla partenza del corteo degli studenti, composto da qualche migliaio di liceali e universitari e dagli artisti che, in difesa della cultura ‘bene comune’, nei mesi scorsi hanno occupato il teatro Valle e che in piazza sono stati accolti da grandi applausi. Questa prima parte del corteo, che a livello numerico non differiva molto rispetto alle altre manifestazioni alle quali ho partecipato, è stata una sfilata piacevole, colorata, piena di musica.
Giunti in Piazza dei Cinquecento mi sono spostato dallo spezzone studentesco a quello di Rifondazione Comunista, poiché mi avrebbe garantito maggiore sicurezza, grazie a un servizio d’ordine più organizzato. Qui ho assistito a scene che fino a ieri avrei potuto solo immaginare: migliaia e migliaia di comunisti con la bandiera stretta nella mano destra e il pugno chiuso a cantare con una passione che non si ritrova spesso in aderenti a partiti che, diversamente da Rifondazione, hanno rappresentanti in parlamento.
Mi trovavo ancora in Piazza della Repubblica, quando il corteo era già stato spezzato in due parti a causa dell’intervento dei cosiddetti Black Block e avvenivano scontri lungo il percorso ufficiale della manifestazione. Chi stava come me nelle retrovie era perciò costretto a rimanere fermo, mentre le informazioni che arrivavano erano discordanti e frammentarie. Solo intorno alle 17, quando la testa del corteo era già entrata in Piazza San Giovanni, siamo riusciti a muovere i primi passi, riuscendo nell’arco di un’ora a percorrere circa 500 metri lungo via Cavour.
Nel frattempo, gli scontri si erano concentrati esclusivamente nella piazza che gli Indignati avrebbero voluto occupare al termine della sfilata; ormai chiusa dalle forze dell’ordine. Alcuni ragazzi del Movimento Studentesco Catanese si trovavano lì e, nonostante si fossero spostati dal centro della piazza, non hanno potuto evitare i getti d’acqua e i lacrimogeni.
Vista la situazione, il Movimento Studentesco Catanese ha deciso di allontanarsi dal corteo e dirigersi verso Termini, per raggiungere, in metro, la stazione di Anagnina, dove ci aspettava il pullman per ritornare a Catania.
A Termini, in attesa che alcuni ragazzi del nostro gruppo ci raggiungessero, abbiamo appreso di scontri al di fuori della stazione, così, appena sono arrivati i ritardatari, siamo corsi verso la metropolitana e siamo riusciti, nonostante la folla, a prenderla immediatamente.
La mia esperienza romana si è, quindi, conclusa ad Anagnina, tra lo sconforto di quei cinquanta che eravamo partiti da Catania ricchi di speranze e che ci siamo ritrovati a partecipare a uno dei più difficili cortei degli ultimi anni, nonché all’unica manifestazione, tra quelle svoltesi ieri in tantissime capitali, ad essere stata teatro anche di episodi di violenza.
In sostanza, ci siamo sentiti scippati, da gruppi, di scarsissima consistenza numerica che con la nostra protesta non avevano nulla da condividere, del nostro diritto a manifestare, a esprimere le nostre ragioni, a discutere, tutti insieme, su come proseguire la lotta. Arrabbiati perché questa gratuita violenza avrebbe di fatto oscurato la presenza di centinaia di migliaia di persone giunte a Roma per gridare con forza di non essere disponibili a delegare il loro futuro a chi questa crisi l’ha provocata. Ma motivati a non gettare la spugna.
Gaetano – Collettivo Principe Umberto

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