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Si muore in Palestina, nel silenzio della comunità internazionale

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In Terra santa la violenza non si ferma. E non cambia, anzi sembra peggiorare, il regime di occupazione militare imposto a chi vive a Gerusalemme Est, in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza.

Sul conflitto israelo-palestinese, in corso da deceni, si è espressa, due giorni fa, la Commissione Giustizia e Pace dell’Assemblea degli Ordinari Cattolici in Terra Santa, Ne pubblichiamo un ampio stralcio

L’uccisione della giornalista palestinese Shireen Abu Akleh a Jenin l’11 maggio 2022 ha scosso tutti noi. Uccisa a colpi di arma da fuoco, e non è l’ultima vittima delle violenze in corso in Terra Santa. Figlia della nostra comunità cristiana, era nota in tutta la regione come una nuova giornalista di Al-Jazeera e migliaia di persone si sono scoperte a piangerla.

La brutalità della polizia al suo funerale ci ha lasciato sbalorditi. Del resto, questi ultimi due mesi hanno visto molta violenza in Terra Santa, che in gran parte non è arrivata ai titoli dei giornali. Spargimento di sangue è seguito a spargimento di sangue, mietendo la vita di Ebrei israeliani, Arabi palestinesi e altri. Piangiamo tutte le vittime di questo spargimento di sangue senza fine. Continuiamo a gridare che la violenza è sbagliata e non porterà una soluzione, ma solo altra violenza.

Allo stesso tempo, esprimiamo anche la nostra ansia per ciò che ci riserva il futuro. Le autorità politiche che decidono il futuro in Israele-Palestina, così come i segmenti più importanti della comunità internazionale, sembrano riluttanti a riflettere con verità e con coraggio su ciò che sta accadendo in Terra Santa. Di conseguenza, non sanno agire per sradicare le cause di questa violenza.

1. Cosa è successo di recente?

Negli ultimi due mesi, quarantacinque Palestinesi, sedici Israeliani e due lavoratori migranti sono stati uccisi in quello che è stato definito “un nuovo ciclo di violenza”.

2. Perché le persone muoiono?

Finché continuerà il conflitto tra Ebrei israeliani e Arabi palestinesi, finché non ci sarà giustizia, uguaglianza e pace in Terra Santa, nessun impegno sincero per porre fine al conflitto, la morte continuerà ad essere vittoriosa. Finché un regime di occupazione militare continuerà ad essere imposto a coloro che vivono a Gerusalemme Est, in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, e finché un regime di discriminazione continuerà ad operare nello Stato di Israele, non ci sarà fine al cerchio della violenza. Finché la comunità internazionale si sottrarrà alle proprie responsabilità per la situazione in Israele/Palestina, gli ingranaggi di questo conflitto continueranno a girare.

3. Quali sono le cause della violenza?

Quando dei Palestinesi attaccano degli Ebrei israeliani molti attribuiscono la violenza alle ideologie palestinesi, arabe o islamiche che rifiutano Israele, gli Israeliani e persino gli Ebrei. Tuttavia, questi atti di violenza devono essere analizzati nel contesto del conflitto israelo-palestinese in corso.

Va ripetuto con chiarezza inequivocabile: la causa principale e il contesto primario della violenza è l’occupazione della Palestina, un’occupazione che va avanti da cinquantacinque anni.

La violenza dell’occupazione comprende l’espropriazione delle terre, la detenzione amministrativa, il ritiro dei permessi di costruzione, la demolizione di case, la limitazione dei movimenti, il soffocamento dello sviluppo politico, sociale ed economico e il continuo assedio della Striscia di Gaza.

In particolare, le tensioni nella città santa di Gerusalemme continuano ad aggravare la situazione e ad aumentare i livelli di tensione.

Le massicce e violente rappresaglie delle forze di sicurezza israeliane creano nuovo risentimento, odio e desiderio di vendetta e forniscono terreno fertile per nuovi attacchi contro Ebrei israeliani. Allo stesso modo, alcuni tentativi delle forze israeliane di “prevenire” nuovi attacchi, di fatto esacerbano le condizioni che portano ad atti di violenza.

È palesemente scandaloso che gran parte della violenza di cui sono vittime i Palestinesi provenga dai coloni israeliani che hanno espropriato terre palestinesi e vivono illegalmente nei territori occupati da Israele. In alcune parti della Cisgiordania i coloni dominano intere aree, imponendo un regno di illegalità e terrore alle famiglie, ai quartieri e ai villaggi palestinesi, impedendo agli abitanti di viaggiare liberamente, di lavorare le loro terre, di pascolare i loro greggi e di vivere una vita normale. E i coloni sono spesso aiutati e favoriti dall’esercito israeliano.

Gli attacchi dei cittadini palestinesi di Israele contro Ebrei israeliani sono un segno di disperazione di fronte alla continua discriminazione e contro il regime di disuguaglianza. Inoltre, questi atti sono anche un grido di rabbia contro coloro che tentano di cancellare l’identità palestinese dei cittadini arabi palestinesi di Israele.

Sfortunatamente, fintanto che i Palestinesi ricorrono solo a proteste verbali o azioni nonviolente (quando le autorità israeliane le autorizzano), la comunità internazionale ignora i Palestinesi e dà l’impressione che tutto sia normale, promuovendo la “normalizzazione” dello Stato israeliano nonostante il conflitto in corso. Purtroppo, solo quando scoppia la violenza, la comunità internazionale si sveglia e prende atto.

4. Un contesto più ampio di ingiustizia

I cosiddetti “Accordi di Abramo” promossi dall’amministrazione Trump aggiungono frustrazione e disperazione, così come i cosiddetti accordi di “pace” firmati da Israele con Paesi con i quali non ha conflitti. Questi accordi perseguono interessi regionali comuni come l’opposizione all’Iran e la collaborazione economica e militare. Tuttavia ignorano palesemente il vero conflitto in Israele/Palestina e i diritti dei Palestinesi che, agli occhi di Israele e dei potenti della comunità internazionale, sembrano non esistere. La vera pace può essere fatta solo tra Israele e Palestina.

Un altro tassello per comprendere l’ultimo spargimento di sangue è legato alla situazione dell’Est Europeo. Non appena la Russia ha invaso l’Ucraina, la comunità internazionale, guidata dagli Stati Uniti, ha condannato l’invasione e sanzioni di vasta portata sono state imposte per fare pressione sul regime russo perché si ritiri dal territorio ucraino e cessi la sua aggressione. Molti Palestinesi confrontano questi eventi recenti con i decenni di conflitto nella loro stessa patria. Israele ha occupato il territorio palestinese dal 1967 e ha imposto un regime discriminatorio di disuguaglianza ai Palestinesi all’interno di Israele dal 1948.

Questo doppio standard ha solo acuito la frustrazione e la disperazione dei Palestinesi.

Conclusione: cercare la pace e conseguirla

Oggi chiediamo alle autorità israeliane di cercare le ragioni della violenza che ci avvolge tutti. Israele e Palestina hanno gli stessi diritti: i diritti alla sicurezza, alla libertà, alla dignità e all’autodeterminazione. La violenza non finirà finché questi diritti non saranno realizzati allo stesso modo sia per gli Israeliani sia per i Palestinesi.

Israele cerca la pace con i regimi dei Paesi arabi ma non con la popolazione della regione. La vera pace sarà realizzata solo quando i Palestinesi potranno affermare che i loro diritti sono stati attuati.

(Gerusalemme, 16.5.2022)

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